UN INCONTRO ATIPICO

Quanto richiedo sempre a chi mi contatta

Recentemente mi ha contattato un giovane (30 anni) che aveva letto i miei articoli, offrendosi come soggetto fotografico e/o video per le mie sessioni. Non si trattava quindi di un aspirante allievo nel senso consueto. Ho deciso di provarlo, perché dimostrava l’umiltà e la deferenza che gradisco in chi mi cerca.
Ha risposto prontamente alla richiesta della “foto di buona volontà” (nudo con un cartello riferito a me) e l’ho incontrato senza la consueta intervista preliminare. Anche dal vivo, il somaro ha mostrato buona volontà, tenendo sempre e senza suggerimenti la testa bassa e non guardandomi mai in viso. Ha eseguito prontamente, sia pur goffamente, tutti gli ordini che via via gli impartivo durante la sessione di prova. Più di una volta è stato sorpreso a dimenticarsi di chiamarmi “Signore”, ma ho deciso di non infierire, facendogli solo ripetere le frasi correttamente.
Il giovane, che si è dichiarato etero, aveva poca esperienza di sottomissione (3 sessioni in tutto) benché fosse stato già costretto a pratiche per lui ignominiose: i precedenti “padroni” si erano fatti spompinare, lo avevano inculato e gli avevano pisciato addosso. Era stato picchiato con la cinghia e con una bacchetta sottile.

Colloquio iniziale con il giovane in ginocchio, scalzo. Gli ho messo davanti tre strumenti di correzione (scudiscio, canna, frustino da cavalli) e glieli ho fatti tenere come uso fare nel cornertime pre-battitura.

Come in tutte le prime sessioni, per prima cosa me lo sono messo sulle ginocchia e l’ho sculacciato a mano libera. Ho capito subito che aveva la pelle molto sensibile ed era assai poco resistente al dolore. Avendo dichiarato che sinora aveva preso al massimo 10 colpi di cinghia, ho voluto sperimentare lo scudiscio, che usato in un certo modo risulta più leggero della canna di bambù e del frustino per cavalli.
Inginocchiato su una poltrona, col culo ben proteso, ha assaggiato 12 colpi, saltando sin dal primo e cominciando a piangere dal secondo. Si contorceva e frignava in modo molto soddisfacente e devo ammettere che con pochi altri allievi ho sperimentato altrettanto piacere nel calare la sferza: prima di ogni colpo sapevo che avrebbe saltato per bene, guaendo e soffrendo. Ottimo. Dopo le frustate, gli ho fatto cadere sul culo gonfio qualche goccia di cera bollente, e anche in questa fase non mi ha deluso: piangeva e si contorceva e – secondo la mia esperienza – non fingeva.

Pronto per lo scudiscio. Le chiappe sono leggermente arrossate per i 10 sculaccioni già impartiti

Il giovane non è affatto masochista, ma semplicemente consapevole del suo posto: dice “è il mio destino e lo devo fare”. Giusto, molto bene. Per quelli come lui ci sono quelli come me. Le foto sono di prova, in attesa di girare un servizio foto/video in cui documento le tecniche di cui ho parlato in altri articoli: posture, strumenti, effetti. Il giovane non ha usato la safeword a sua disposizione ed è già stato avvertito che la prossima volta il numero di colpi aumenterà. Voglio trovare uno spettatore attivo, che commenti la sofferenza di questo somaro e ne riceva in premio una sega alla fine della bastonatura. Mi serve quindi qualcuno che, al contrario di me, non abbia problemi a farsi servire da un maschio. Dite che avrò difficoltà a trovarlo? Non credo proprio.

Dopo 12 colpi di scudiscio, inflitti con forza molto moderata per i miei standard, ma su una pelle molto sensibile, che si segna subito.

Primo piano del suo culo merdoso, dopo le botte. Si notano le gocce di cera sulle chiappe. La candela – al solito – era bianca, perché la sua cera scotta di più di quella delle candele colorate.

Altro primo piano, in cui si apprezza meglio il gonfiore della pelle. Se questo è il risultato dello scudiscio inflitto con moderazione e per pochi colpi, non vedo l’ora di vedere cosa succederà con la canna di bambù calata con forza e più a lungo.

Una possibile postura da cornertime post-battitura

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