BDSM DAL RING

Submission holding 2

Il commento ricevuto da Amarinta al mio primo intervento mi spinge ad ulteriori approfondimenti.
Innanzitutto parliamo del perché in un sito dedicato al BDSM c’è un blog dedicato alla lotta ed alla boxe femminile e non, ad esempio, alla lap dance o allo spogliarello.
Le attività SM tradizionali sono, per vocazione e per consuetudine consolidata, “asimmetriche”. Ciò significa che i ruoli dei protagonisti sono diversi e, semmai, complementari. C’è un individuo “dominante” che agisce attivamente su uno “dominato”.
Il dominio può essere “cerebrale”, quando l’individuo “dominato” si mantiene sottomesso per propria scelta. Può essere “muscolare”, quando, ad esempio l’individuo si pone alla mercè di una body builder che è più forte di lui per cui il controllo è oggettivo. Può essere strumentale, come nel “bondage” in cui la dominanza è realizzata con l’ausilio di strumenti meccanici.
Si tratta di diversi livelli di partecipazione del “dominato” al controllo, nella misura in cui in alcune pratiche può sottrarsi ad esso in qualsiasi momento, dissolvendo il ruolo dell’individuo “dominante”, in altri casi l’eccitazione deriva dal fatto che solo l’aguzzino può liberare la vittima.
Esistono nel campo BDSM delle pratiche di dominazione che utilizzano come strumenti di coercizione tecnichesportive. Si tratta di pratiche “eterosessuali” nella misura in cui l’individuo sottoposto a dominazione è generalmente un uomo mentre è una donna colei che applica le tecniche di costrizione o di punizione.
Nella “submission holding” il dominato viene controllato mediante tecniche di immobilizzazione di lotta o di judo. Il dominio viene esercitato applicando “leve articolari”, che sono dolorose minacce di ben peggiori guai.
Ci sono, poi, delle pratiche di derivazione pugilistica. Il “face busting” consiste nella esposizione della faccia dell’individuo dominato ai pugni della “dominatrice”. Irrinunciabile è l’uso, da parte della “dominatrice” di normali guantoni da pugilato. Precauzione non ridondati, sono l’utilizzo da parte dell’individuo “dominato” di un salvadenti e di un caschetto da boxe, possibilmente con parazigomi e menzognera che, se elimina ogni rischio di danni estetici, non impedisce la trasmissione dell’intera quota di energia alle struttura profonde della testa. In altri termini, nel “face busting” è possibile andare K.O. anche utilizzando un caschetto protettivo.
Alternativo e il “face slapping”, lo schiaffeggiamento con il palmo della mano nuda.
Altra pratica è il “belly punching”, che consiste nella somministrazione di pugni nella parte alta dell’addome. I colpi sono tecnicamente dei montanti e la pratica avviene generalmente a pugni nudi.
Ulteriore alternativa è il “face kicking”, consistente nella somministrazione di calci in faccia con la pianta del piede da parte di una “dominatrice” esperta. Questa pratica instaura un link con il feticismo del piede femminile. I colpi vanno portati a piedi nudi ed a contatto leggero e solo l’esperienza del dominato nell’incassare colpi al viso ammortizzandoli con opportuna tecnica pugilistica, consente di applicare dei colpi più vigorosi.
Il “ballbusting”, infine, consiste nella somministrazione di calci con il dorso del piede nudo, ai testicoli dell’individuo dominato. L’uso di una conchiglia protettiva distribuisce uniformemente l’impatto ma è la prudenza della “dominatrice” che consente di evitare danni.
Va da sè che quando queste pratiche BDSM vengono applicate in maniera “simmetrica” anziché “asimmetrica”, non si fa altro che rivestire di folklore fetish quelle che sono le normali pratiche del pugilato e della lotta. Nello slang del wrestling americano si fa esplicito riferimento alle tecniche di costrizione dolorosa, quali le leve, come “punishment”, vale a dire punizione.
Nella pratica della lotta e della boxe il ruolo di individuo “dominante” e di individuo “dominato” si costituiscono a partire da una condizione di assoluta equivalente equiprobabilità di vittoria. Anzi, i regolamenti prevedono dei meccanismo di esclusione tra avversari non equivalenti e le regole di arbitraggio prevedono la sospensione e l’annullamento di ogni incontro in cui si riscontri una imprevista “manifesta inferiorità” di una degli atleti.
Ogni atleta cerca di perseguire con tutte le sue risorse la vittoria ma la soddisfazione è tanto maggiore quanto più la vittoria è stata di stretta misura e l’avversario si è dimostrato di valore. E’ il valore del perdente, non quello del vincitore, che attribuisce valore al confronto.
Ciascun atleta è sadico nel momento in cui inferisce sul corpo dell’avversario e masochista nel momenti i cui si offre ai suoi colpi. Il pugilato maschile di pratica per tradizione inveterata a petto nudo, proprio per ostentare l’offerta generosa di sè che ciascun pugile fa all’avversario. Ogni altra giustificazione addotta dalle federazioni pugilistiche è una ingenua mistificazione.
La vittoria sofferta eleva l’autostima e la stima reciproca di entrambi gli avversari ed in questa prospettiva le affettuosità fisiche al termine dell’incontro esprimono con linguaggio sensuale il reciproco apprezzamento. E se le affettuosità tra pugili maschi sono una trasgressione della tradizionale isterica omofobia maschile, quelle tra pugilatrici sono delle piacevoli divagazioni lesbiche tra donne abitualmente eterosessuali. Si tenga presente che il pugilato è uno sport praticato quasi esclusivamente da donne eterosessuali. Le lesbiche praticano il calcio e tutte le calciatrici, con qualche eccezione, sono lesbiche.
Dianella Rossini
Psicologa e pugile

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