Boxe femminile – Model boxing Show

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La boxe femminile ha sempre turbato gli uomini.
I più, lo hanno sempre osteggiato, con successo sino a pochi anni fa. I motivi, più o meno inconsci, erano almeno due.
Il primo era la gelosia per questo rito celebrativo delle virilità più plateale ed esasperata. Il secondo era l’invidia per quelle donne che avessero avuto il coraggio di salire su di un ring, cosa che la maggior parte di loro non avrebbero mai osato fare.
Ma per una folta ed esuberante minoranza, invece, la boxe femminile era, ed è ancora, un concentrato esplosivo di feticismo e sadomasochismo in chiave lesbica. Il guantone ricorda il glande di un pene ed a nessuno sfugge l’allitterazione tra “cazzo” e “cazzotto”. Nel pugilato femminile, due donne cercano, sul piano simbolico, di sopraffarsi a vicenda usando non uno ma addirittura due falli per ciascuna!!! Negli intervalli tra i rounds, poi, le due pugili siedono agli angoli, sugli sgabelli, con le cosce divaricate, offrendosi simbolicamente reciprocamente la vulva mentre le seconde, in un premuroso e sensuale affaccendarsi di mani su braccia, facce e guantoni, celebrano un rito di confidenza lesbica.
Le due pugili, l’una alla mercè dei pugni dell’altra, sono, ad un tempo, sadiche e masochiste. L’arbitra, signora assoluta del ring, che sanziona, costringe, proclama, è l’unica incontrastata sadica presente sul quadrato.
Il tutto in un set di bondage delimitato da dodici robuste corde da cui le pugili non possono evadere, se non dopo aver consumato la sopraffazione di una sull’altra. E la conclusione è coronata da unlungo ed affettuoso abbraccio tra due donne stravolte, compiaciute dall’avvinghiarsi, ciascuna nel sudore dell’altra.
Contrariamente a quanto si possa credere, ed in conformità con i timori dei cultori, il passaggio dalla clandestinità alla istituzionalità della boxe femminile ha determinato delusione ed insoddisfazione.
La distribuzione delle pugili fra le varie categorie di peso fa si che i confronti tra Walkirie oltre il metro e settantacinque, siano diluiti fra incontri tra donne tecnicamente efficaci ma irrimediabilmente lontane dagli standard erotici correnti. La potenza e l’efficacia fanno aggio sulla bellezza e sul glamour, anche se l’adozione di misure di salvaguardia estetica sempre più efficaci, quali i guantoni morbidi e voluminosi e di caschetti, hanno fatto sì che sui ring salgano talora ragazze che non sfigurerebbero tra le veline dei telequiz.
Le autorità sportive, d’altro canto, ci hanno messo del loro affrettandosi, per consapevolezza o, piuttosto, per intuizione, a scoraggiare ogni fantasia trasgressiva, infagottando le pugilatrici, e per l’occasione anche i pugilatori, in informi “bermudas” oversize, tanto da rendere, con l’aiuto dei caschetti, le une indistinguibili dagli altri.
Anche nelle intervista dopo gli incontri, la maggior parte delle pugilatrici, con significative ma rare eccezioni, nulla concede al glamour. Ogni eventuale riferimento, almeno nei confronti delle pugilatrici dilettanti, come oggetto di interesse erotico sarebbe “politically uncorrect” ed il riduzionismo ad una sorta di virile femminilità sembra d’obbligo per le pugili, anche se nuotatrici, tenniste e praticanti di atletica leggera si fanno fotografare, sempre più spesso, ammiccanti mentre sfoggiano i loro muscoli, statuarie sui tacchi a spillo.
Sono, semmai, le poche pugilatrici professioniste, che, quando il loro fisico lo consente, si propongono anche in chiave glamour. Ma ciò è attività autopromozionale, nella misura in cui la principale fonde di reddito delle pugili professioniste proviene dal “personal training”, attività nella quale, sotto il pretestuoso eufemismo della lezione privata di pugilato, si cela, in realtà, una pratica criptata di “facebusting” nei confronti di facoltosi clienti masofeticisti.
La fantasia del pubblico, oggi, è molto più stimolata dalle scene di lotta che nei film d’azione vedono protagoniste le star del cinema le quali, saggiamente pilotate dal loro staff, non mancano mai di farsi fotografare in guardia pugilistica calzando dei guantoni. E’ quanto basta perché i cultori si abbandonino alle fantasie in cui finalmente Jennifer Lopez sia all’angolo di un ring in attesa di battersi con Halle Berry, che come lei ama farsi fotografare sudata e con i bendaggi da boxe.
E’ nata così una nuova specialità virtuale: la “Cyber-boxing”. Decine di siti Web e di clubs virtuali catalogano attrici, cantanti e presentatrici in categorie di peso. I maghi della computer grafica, sostenuti da sofisticati software, adattati per la circostanza, realizzano incontri e tornei virtuali. La maggior parte delle artiste ritratte probabilmente ignora di essere anche una campionessa virtuale di “Cyber-boxing”.
Una rete televisiva americana tentò l’esperimento di un nuovo reality show: “Celebrity Boxing”.
Il programma contemplava l’addestramento e l’allenamento al pugilato di coppie di star per farle, poi, esibire, l’una contro l’altra, nel corso di tornei annunciati e pubblicizzati con tutta l’enfasi del caso.
In realtà si riuscì ad organizzare solo un paio di cicli, nel 2002, con la partecipazione, per giunta, di artiste marginali e magari un po’ sfiorite, quali Paula Jones, a cui si attribuiva un presunto pregresso flirt con il presidente Bill Clinton, contro Tonya Harding, già campionessa olimpica di pattinaggio artistico, o Darva Conger, già protagonista di un reality show, contro Olga Korbit, già campionessa olimpica di ginnastica artistica. La ragione del mancato decollo è comprensibile: ciascuna star vuole apparire costantemente “vincente” e non è disposta a giocarsi l’immagine per pochi minuti di protagonismo su di un ring.
L’apparato dello spettacolo imparò, tuttavia, la lezione e decise di aggiustare il tiro. Giusta era l’intuizione del “reality show” sul ring ma la formula vincente sarebbe stata quella del “saranno famose”.
Ecco quindi che, a Londra, venne fatto un “casting”, come per ogni “reality show”, selezionando, dodici concorrenti che avessero buone probabilità di successo futuro nel mondo dello spettacolo: fotomodelle, attrici, ballerine, cantanti ma tutte, irrinunciabilmente, bellissime ed alte oltre un metro e settantacinque. Si selezionano, in pratica delle “pugili improbabili” ma “probabili artiste di successo”. E la boxe dava loro una occasione in più.
Era il “Catfight Model Boxing Show”.
Il termine “catfight” indica, per i cultori, una zuffa informale in un salotto tra signore in abito da sera e tacchi a spillo, ma per l’occasione venne utilizzato soprattutto come richiamo convenzionale per gli appassionati. Formalmente il riferimento veniva pretestuosamente presentato come una metafora che alludeva alla foga con la quale le bellissime concorrenti si sarebbero battute.
L’animatrice della iniziativa era una statuaria modella, il cui nome d’arte era Jamelah, che aveva abbracciato il pugilato come autodifesa dopo una brutale aggressione.
Una volta arruolate, le concorrenti vennero sottoposta ad un corso di pugilato di quattro mesi, con tre sedute alla settimana, al termine del quale, di fatto, tecnicamente erano diventate delle pugili. Tutte bellissime, tutte con la stessa statura e corporatura, in pratica costituivano l’equivalente di un “corpo di ballo” di “Bluebells”.
In seguito c’è stato un certo ricambio, con corso di addestramento per le reclute, ma l’organico del corpo è costantemente di dodici pugilatrici a cui si aggiungeva Jamelah.
Divise in due squadre, le “Modell boxers” hanno una “uniforme di rappresentanza” consistente in un bikini metallizzato rispettivamente fuxia per l’una e turchese per l’altra e calzano tutte le stesse scarpe nere con tacco a spillo.
L’uniforme da combattimento è bianca con calzoncini regolamentari da boxe, ma scosciati, top regolamentare e vestaglia bianca. Completano l’equipaggiamento i bendaggi omologati da pugile, il caschetto protettivo nero, guantoni morbidi, da donna, da 10 once, e scarpette regolamentari da pugilato. La squadra che è caratterizzata dal bikini fuxia calza guantoni rosa ed ha bande decorative rosa su calzoncini e vestaglie. La squadra che indossa i bikini turchesi calza guantoni celesti ed ha calzoncini e vestaglie decorate con bande dello stesso colore. I tornei sono, in pratica, il confronto interno tra due squadre della stessa scuderia.
Le divise sono rigorosamente pugilistiche ma garbatamente femminili senza nulla concedere al nudo, all’erotismo esplicito e, men che meno, alla volgarità.
Anche nelle pose fotografiche i bikini, accostati provocatoriamente a guantoni o bendaggi da pugile, sono molto coprenti. Le donne ritratte sono composte e mai seduttive o compiacenti, Il loro viso e sempre serio, mai sorridente, ma, semmai, sembra guardare con sufficienza, indifferenza e distacco lo spettatore, come sono solite fare le modelle, le mistresses o le dark ladies.
E, naturalmente, in borghese, le “Model Boxers” devono esplodere di femminilità e competere in ricercatezza ed eleganza con qualsiasi altra donna eventualmente presente.
Dopo il primo corso, durato quattro mesi, 10 “Modell Boxers” si sono battute sul ring il 25 novembre 2005 al Cinque Hippodrome a Londra, un prestigioso e lussuoso locale londinese, davanti ad un pubblico esclusivo e selezionatissimo.
Un secondo spettacolo si è svolto il 15 marzo 2007 all’Hammersmith Palace, sempre a Londra. L’ambiente è quello di un sontuoso e lussuoso locale notturno, equivalente al “Moulin Rouge” od al “Lido” di Parigi. I tavoli a bordo ring costavano, comprese le consumazioni, 2000 sterline. I tavoli più periferici costavano 1800 sterline. C’era anche un loggione al costo di 40 sterline a testa. Inviti distinti erano previsti anche per il party successivo al torneo, durante il quale le pugili, in abito da sera, si sono mescolate, con il pubblico.
Data l’estrazione e le aspirazioni delle pugili, i caschetti erano a “protezione integrale”, ma i pugni sono stati assolutamente autentici, senza alcun eufemismo. Gli incontri sono stati vivaci e tecnicamente pregevoli.
La differenza tra le “Model Boxers” e le pugili “vere” è rappresentata semplicemente dall’“efficacia assoluta”. In un torneo di autentico pugilato, la maggior parte delle “Model Boxers” verrebbe eliminata ma nel contesto del “Model Boxing Show” ciascuna di esse trova un’avversaria della sua portata e ha occasione di esprimere un pugilato che, sul piano della corretta esecuzione, della varietà del repertorio, della scelta delle opportunità e controllo dello spazio, nulla ha da invidiare a quello delle campionesse.
Sebbene lo spettacolo sia gradevole anche da punto di vista sportivo, gran parte del glamour criptato è rappresentato dal contrasto tra i visetti carinissimi, malgrado il sudore e lo stravolgimento, ed i bendaggi omologati da boxe, ostentati durante le interviste dopo gli incontri.
L’intero impianto scenico e costumistico è intrigante e dissacratorio ma il rigore pugilistico, contestuale ad una assoluta invulnerabilità estetica, ed il bando assoluto nei confronti di qualsiasi tentazione erotica o volgare, fanno sì che la “Model Boxing” non solo non sia una pratica clandestina ma, anzi, sia una occasione anche per una studentessa od un giovane professionista desiderose di porsi al centro dell’attenzione di amici e conoscenti in maniera inconsueta. Il rammarico della scrivente è di non avervi potuto partecipare…
In sostanza il “Model Boxing Show” si pone come un’alternativa al classico concorso di bellezza, anche se l’estrazione delle concorrenti è esattamente la stessa. Il vantaggio per gli organizzatori è evidente: detenere l’esclusiva di ulteriori filmati da divulgare solo se e quando le “pugili improbabili” saranno diventate delle stars affermate. E’ come se oggi qualcuno potesse sfoderare un DVD, assolutamente castigato, in cui una Paola Barale ventenne si battesse su di un ring con una coetanea Stefania Orlando, od una Milly Carlucci con una Lorella Cuccarini.
Il “Model Boxing Show” è uno spettacolo dissacratorio senza essere trasgressivo, per cultori di un glamour raffinato e non volgare ma è anche, oltre che un redditizio affare corrente, un lungimirante investimento nel tempo. Basti pensare che i negozi di articoli sportivi londinesi già vendono al pubblico i completi da pugilato femminile con i colori sociali delle “Model boxers”.
Visitare per credere: http://www.catfighttv.co.uk/index.html
Dianella R
Psicologa e pugile

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Paula-Jones-Tonya-Harding-2
Gli-incontri
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Copertina del DVD
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