LE FANTASIE DI MELISSA (Parte III)


E tutto accadde come previsto! Ma a questo punto sarà lo stesso Riccardo a raccontare. Di lui ho già detto: persona colta ed elegante quanto schiavo porco e inetto. Mi scuso sin da ora per quanto egli sia prolisso, al punto che ho preferito dividere in due parti il suo bieco e sfrontato racconto. Per quanto riguarda le foto, come era da immaginarsi il porco era troppo eccitato per combinare qualcosa di buono.
Bene: la parola a Riccardo
INCONTRO CLANDESTINO GENNAIO 2007
SABATO SERA, NEL LIVING
20.30 è un orario insolitamente anticipato per uno dei nostri incontri, chiaro segno che c’è molta impazienza di concludere questa bizzarra vicenda.
La fretta è confermata dal tono e dai gesti del Padrone mentre mi accoglie in casa, ordinandomi in tono seccato di spogliarmi completamente e di aspettare nel living. Con ogni evidenza il mio arrivo, pur previsto, l’ha interrotto. Mentre mi accingo a spogliarmi intravedo Melissa, non più sua moglie ma solo schiava e oggetto di piacere. Faccio appena in tempo a vedere il suo malizioso negligé nero: più che coprire, riesce solo a mettere in mostra il suo corpo snello che pare da adolescente, anche se in realtà è una vera bomba di sensualità raffinate ed estreme.
La magnifica visione scompare immediatamente in cucina, calamitata dalla voce del Padrone. Di lei sento solo più la voce, ora stranamente mite e querula, così diversa da quella resa roca e quasi rabbiosa dalla frenesia del piacere che ho conosciuto solo poche ore fa. Lui la sta strapazzando con la voce, ma anche con i gesti, direi, a sentire dai rumori che provengono dalla cucina e anche da qualche gemito di lei, impaurito e subito interrotto dal brusco intervento di lui. Sono nudo ora e tremo, ma non solo di freddo.
Poi sento soltanto gli inconfondibili suoni di una penetrazione, volutamente spogliata di qualsiasi tenero preliminare. C’è lo sciacquio delle grandi labbra che si aprono fradice al passare di lui; ci sono gli schiaffi ritmici del pube di lui contro di lei, talmente forti e sonori da farmi immaginare la scena come se la vedessi: lei piegata in due sul tavolo di cucina, alla pecorina, lui che la sbatte con violenza, aggiungendo alla forza dei propri fianchi la trazione delle sue mani che la afferrano per le anche. Ancora la voce di lui, stranamente distaccata, come se non fosse minimamente coinvolto nel furente atto sessuale che si sta consumando. Ora sta facendo commenti pesanti sulla ricettività di lei: tanto per capirci una delle frasi più gentili è: “Ti fai scopare a destra e a manca, davanti e dietro, come una vera puttana, ed ecco il risultato: non ti basta mai, troia! Ed in effetti gli schiaffi contro le natiche di Melissa (da parte del pube del suo maschio Padrone oppure della sua mano, o di entrambe?) sono diventati di colpo ancora più violenti, ma i gemiti ritmati e interrotti di Melissa non sono solo di dolore. Il ritmo dei colpi e dei gemiti sale ancora, si scoordina e si rompe, segnando l’imminente orgasmo di lei.
E’ a quel punto che la voce di Melissa si alza di tono, implorante: “No, ti prego… ti prego, ancora…No! Nooo!” Mi vedo il Padrone che si è fermato di colpo a godersi le contrazioni preorgasmiche di lei, poi ha sfilato il suo cazzo prepotente, giusto nel momento in cui lei potesse sentirsi più frustrata e più infoiata, a desiderare con furia l’ennesimo orgasmo.
Due ordini secchi, ed ecco che Melissa fa il suo ingresso tutt’altro che trionfale nel living: occhi bassi, braccia cadenti lungo il corpo; mani a coprire il grembo, quasi come se, dopo aver dato un tale spettacolo di sé, volesse ora coprirsi di fronte a me con tardivo pudore e, contemporaneamente, volesse in modo lascivo trattenere in sé gli spasmi del mancato piacere.
Sto male per lei, trattata come una cagna in calore dal suo Padrone sprezzante, ma intanto non posso nascondere la mia eccitazione per quanto appena successo; per il corpo di lei tanto più invitante quanto più tremante di opposte tensioni interiori; infine per quanto è successo oggi pomeriggio tra noi due…
La voce ostile del Padrone mi riporta alla realtà, mentre ci ordina di prendere due ceri ciascuno, di metterci in corteo, di avviarci verso la camera da letto. Intanto sferza i nostri imbarazzi e indecisioni con sarcasmo, paragonandoci ad un infantile corteo di S.Lucia. Mentre compio i pochi passi del corteo dietro a Melissa, ondeggiante sui suoi tacchi a spillo, mi sorprendo a dubitare che S.Lucia abbia due chiappe così desiderabili e soprattutto un negligè così vezzoso .
Una brusca spinta del Padrone dietro di me segna l’ingresso in camera da letto, indizio chiaro che non sarà una seduta così rilassante. Cosa ci attende? E prima ancora, come è nata questa situazione? Facciamo qualche passo indietro
LE FANTASIE DI MELISSA (COSI’ COME LE HO VISSUTE IO)
Sono Riccardo, lo schiavo che talvolta affianca Melissa nel suo percorso di sottomissione al suo Padrone e marito.
Per me tutto questo strano episodio inizia nel loro studio professionale, accolto da lei e dal suo sorriso e subito introdotto con sospetta sollecitudine nella piccola stanza-rifugio di suo marito, che mi attendeva con amichevole impazienza. Mentre ancora sto chiudendo la porta sul fluire degli ignari clienti del serioso studio, le prime parole del mio amico mi stanno già trasportando nel gioco e capisco che in realtà per loro il gioco è iniziato: appena il tempo di sedermi di fronte a lui e già è tornato ad essere il mio Padrone che, per ora in modo paziente e didattico, spiega a me, il suo sempre più sbalordito schiavo, come preparare lo scenario dei prossimi giorni, che mi vedranno protagonista insieme a Melissa della più inattesa e sorprendente delle avventure. Per rendere più convincente la incredibile serie di richieste, me ne ha già preparata una efficiente sintesi scritta, che mi spiega, punto per punto.
1° ordine) Devo trovare, entro poche ore, il luogo adatto per “l’incontro” tra i due schiavi. Un suo complice amico può fornire una comoda e riservata mansarda, ma sarebbe preferibile un albergo ad ore, il più possibile equivoco, affinché Melissa si senta di fronte a tutti quello che è: puttana.
2° ordine) Dal momento in cui la vedrò, probabilmente sabato, il gioco avrà inizio, e dovrò essere calato nel mio ruolo con la massima concentrazione. Mentre me lo spiega mi accorgo che in realtà il gioco ha già avuto inizio anche dentro di me (ansia,desiderio, senso di inadeguatezza, soprattutto frenetico senso di attesa, di sospensione); credo che, ovviamente in modi diversi nei diversi ruoli, stia avvenendo la stessa cosa per loro due; soprattutto penso a Melissa, che al di là della porta, affabile, sta ricevendo i clienti con questa tempesta dentro!
3° ordine) Dovrò scoparla e farla godere quanto più possibile; lei avrà l’ordine simmetrico di farsi scopare “freddamente” e senza mai godere. Un sorriso di compatimento ironico accompagna queste parole del Padrone, a cui rispondo con una complice alzata di sopraccigli che esprime tutta la mia perplessità in proposito: entrambi abbiamo una grande opinione sulle virtù di Melissa!
4° ordine) Se fallirò il punto precedente, sarà l’ultima volta che avrò visto la fica di Melissa e tutta la grazia di Dio che ci sta intorno. Al contrario la sera potrò assistere alla sua punizione e potrò goderne ancora.
5° ordine) Non potrò mai venire per tutto il pomeriggio, ma solo arrivare al limite del piacere. Per tutte quelle ore io sarò solo uno schiavo, oggetto sessuale sempre disponibile per il piacere di Melissa; in realtà uno strumento nelle mani del Padrone per provocare e dominare la sua schiava.
6° ordine) A fine giornata dovremo entrambi raccontare al Padrone ogni cosa, nei minimi particolari. E naturalmente saremo puniti per ciascuno di questi…
Consegnandomi il pro-memoria, il Padrone aggiunge a sorpresa che tutto è nato da una perversa fantasia di quella gran troia di Melissa, che in questo modo vuole mettersi alla prova agli occhi di lui e ai suoi propri… e mentre me lo dice scuote ancora il capo con compatimento, mentre aggiunge che già al solo pensiero di quanto stava architettando la sua testolina, la porca si è straziata la figa fradicia con le sue stesse mani.
ALBERGO AD ORE
Fin qui tutto è durato un attimo. Quando mi ritrovo in auto, sono ancora frastornato dallo scenario che ho di fronte, dai piaceri inattesi che mi attendono, ma anche dalle responsabilità del tutto nuove che a quei piaceri sono connesse e dai limiti per me dolorosi che accompagneranno tutta la vicenda. Con Melissa molte volte ho già giocato, goduto, sofferto; conosco ogni curva e piega del suo corpo, e anche un po’ dei suoi pensieri. Però tutto è sempre avvenuto alla presenza del nostro Padrone… Tutta questa libertà di azione… come la userò? … sarò all’altezza delle attese?…
Devo ancora trovare un luogo adatto! Nessuna esperienza, visto che non ho mai portato amanti in alberghi ad ore; nessuna idea in proposito, tranne il fatto che dovrà essere un luogo che di per sé faccia sentire Melissa il più possibile in imbarazzo, anzi molto di più, ma che contemporaneamente non ne comprometta l’immagine pubblica di donna irreprensibile e moglie fedele.
Per ora trovo solo il caotico, festoso e snervante traffico della vigilia del dì di festa. In questo flusso quasi allo stato solido percorro la dozzina di chilometri che mi separano dall’ingresso in città, quando, ormai sfiduciato, vedo un’insegna giusta, ma naturalmente sul lato opposto del grande corso, separato da sei corsie di lamiere e residui gassosi incombusti. Dopo altri cinquecento metro penosi riesco a invertire la marcia e subito mi accoglie all’angolo il sorriso ammiccante di una gentile signora, che non sta aspettando il tram: è un buon auspicio per il mio albergo e la sua immagine.
Quest’ultimo risulta un piccolo edificio di epoca e colore incerti, circondato da piccole officine e magazzini; l’atrio funge da bar e da ingresso per l’annesso ristorante; il carrello degli antipasti e la vetrina dei dolci mi spiegano senza parole che stasera non mangerò lì. Mi avvicino alla cassa sul lato opposto dell’atrio; di fianco ci sono tre tavolini del bar, a cui sono seduti due camionisti che chiacchierano di calcioscommesse con il gestore del distributore lì accanto. La donna alla cassa è travestita da amica della gentile signora di cui sopra. Chiedo informazioni su una camera per l’indomani pomeriggio. Singola o matrimoniale? Matrimoniale, naturalmente! Lieve sorriso. A quelle parole l’animata discussione alle mie spalle sulle quote si cheta, per riprendere lenta e svogliata solo quando la cassiera rivolge loro una fugace ma severa occhiata; sento però sei occhi curiosi alle mie spalle. Con forte accento slavo e con un divertente tono complice la cassiera mi spiega l’essenziale; si stupisce un po’ quando le chiedo di vedere la camera, ma poi mi fa accompagnare dal giovane cuoco; il candore della sua divisa si intona perfettamente con gli antipasti assaggiati prima e li giustifica.
Tutto l’ambiente sembra perfetto per le mie particolari esigenze, così… controcorrente: la “hall”, se possiamo spingerci a definirla tale, molto promiscua e ricca di avventori ficcanaso; la cassiera mezzana e complice. Ma la pulizia!… Perciò analizzo con cura la camera, dalla federa al cassetto del comodino che non userò, dai servizi in bagno al cestino dei rifiuti: anonima e spoglia come ovvio, ma pulita.
Per ultima pignoleria voglio vedere lo stato anche dei vetri; alzo la tapparella, sotto lo sguardo ora davvero seccato del giovane cuoco: vetri puliti, ma soprattutto vista panoramica sul rumoroso e fumoso fiume di traffico in cui dovrò ora tornare. Un attimo e un’idea brillante da regalare a Melissa mi illumina il cervello: da ricordare.
Voglio però essere sicuro che in quell’albergo si ricordino proprio bene di me: appena la cassiera slava, ora già anche amica mia, mi chiede con un sorriso obliquo se tutto va bene, mi permetto il lusso di contrattare il prezzo, ad alta voce: signora, è davvero esoso per poche ore! Piccata e quasi offesa, mi ribatte che ci provi pure, ma faticherò a trovare di meglio e a meno, e questa volta chiede platealmente conferma con lo sguardo alle mie spalle. Mi arrendo facilmente alla finta contrattazione, saluto e mi allontano. Di sicuro esco sotto tre o quattro sorrisi divertiti e canzonatori.
Ma non sanno che sotto il mio bavero appena rialzato sulla nebbia che intanto è scesa pesante su questa periferia, io sto sorridendo molto più soddisfatto. Il primo ordine è risolto alla grande. Melissa ha pronta davanti a sé una magnifica pista d’atterraggio, illuminata a giorno anche in caso di nebbia pesante. Già impostato al meglio anche il comitato di accoglienza, per il resto lasciamo fare al caso. Lei non lo sa ancora, ma questo posticino romantico fa proprio al caso suo…
ATTESA SNERVANTE
Ho appena comunicato questi primi risultati al Padrone, che è ben felice che tutto avvenga in un pubblico albergo, e non sa ancora quanto sia pubblico…
Ora inizia la lunga attesa fino a sabato pomeriggio, cercando di non costruirci troppo di fantasia, ma in realtà mi accorgo subito che quasi non riesco a pensare ad altro. Solo alla sera molto tardi finalmente la tv sembra riuscire ad ipnotizzarmi un po’ con la sua noia, ma ci pensa un sms di Melissa a riportarmi in tensione: si mostra molto preoccupata per lo scenario che l’attende, ma è ovviamente anche molto eccitata, sia perché lei è fatta così, sia perché è costretta a stare nuda nel letto, accanto a lui che la masturba in continuazione, con accanimento terapeutico. Provo a spiegarle che da parte mia la gestione del tutto autarchica della mia speculare eccitazione non mi mette in condizioni migliori… A stretto giro di posta mi risponde che ha il clitoride ormai “turgido”, proprio così, ormai sensibile ad ogni soffio d’aria; che lui invece ha cominciato a scoparla come un selvaggio… e che lei mi desidera…da impazzire. Non capisco. E’ una schiava impazzita, uscita di senno e di ruolo? Oppure sta preparando una trappola lucida e cosciente, fatta di seduzione maliarda e di crudo disinganno?
Poi più nulla. Evidentemente lui ha messo la marcia da fondista e Melissa sarà di sicuro impegnata in una delle sue serie meglio riuscite di orgasmi a cascata, con tutt’altro in testa che giocare con la tastierina… La tv prova a riprendere la sua funzione catalettica, ma ci vorrebbe un mago dell’ipnosi ora… Provo a dormire le poche ore che mi restano prima del lavoro, ma è chiaro che sarà molto dura…Non sono le braccia di Morfeo, ma sono invece le cosce di Melissa quelle che mi stringono e c’è tutta la sua carica selvaggia in quell’amplesso…Sì, è molto, molto duro…
Al mattino colazione con Melissa, viaggio in auto con Melissa, la quale si siede accanto a me sul lavoro, sotto i soliti sguardi, stamattina però un po’ più incuriositi da certi miei improvvisi e insoliti silenzi…
FINALMENTE SABATO
A metà mattina lei mi comunica con sms che sarà libera e totalmente disponibile per me alle ore 16,30 e che attende istruzioni. Finalmente h.12,30 sono libero e subito invio messaggio: mi dovrà attendere all’ingresso di un affollato centro commerciale non lontano da casa sua, quindi in zona conosciuta, con abbigliamento, atteggiamento e soprattutto pensieri da puttana. Non dovrebbe esserle difficile… Qualche minuto di silenzio. Imbarazzo o eccesso di eccitazione? Poi risponde che non le viene risparmiato proprio nulla, ma che ci sarà, così come chiedo. Me la vedo con le unghie conficcate nei palmi, come fa lei nei momenti di estrema vergogna, ma anche per resistere alla tentazione di artigliarsi la figa fradicia.
Cerco di passare le ormai poche ore che mi separano dall’ora X impegnandomi nelle necessità pratiche. Però man mano che l’ora si avvicina, ogni tanto mi assale un momento di ansia, di crescente paura di non essere davvero in grado di condurre la vicenda bene e fino in fondo. Quando però intravedo per un attimo il pensiero di tirarmi addirittura indietro, la parte sana di me si ribella con forza, giustamente convinta che un’occasione di mettere in scena una fantasia così ardita chissà se ci sarà ancora.
Di colpo trovo un’inattesa calma, pensando che in questo stesso momento di sicuro Melissa starà vivendo tensioni ben maggiori: perché ha in questi momenti di fronte un Padrone esigente sempre, ma reso ancor più severo dagli sviluppi di questo gioco; poi perché sa di doversi muovere, prima in luoghi conosciuti e poi peggio ancora nuovi, in atteggiamenti e ruoli palesemente sconvenienti; infine perché non conosce le mie intenzioni, che sarò pure uno schiavo nel gioco, ma con il potere di imporre chissà quali richieste a lei, ancora più schiava e disorientata di me, perché sa di rischiare molto di essere in primo luogo schiava del turbine della propria sensualità travolgente. E quando Melissa parte, non è uno scherzo, è davvero impressionante.
Poco prima di uscire di casa e durante il viaggio, ancora agitazione, perché provo a prepararmi una scaletta mentale dei miei “desiderata” da mettere in scena. Ho una, dieci, venti bellissime idee, ma appena le metto mentalmente in scena trovo mille difetti, passo oltre, confondo. Sono nervosissimo, anche perché mancano poche centinaia di metri… Ma sono le 16,29, quindi sono in largo anticipo, perché lei dovrà aspettarmi questa volta; fermo l’auto, sgombro la mente da tutti i piccoli, inutili pensierini concreti di prima. Ora ho solo più di fronte Melissa, con tutta la sua sensualità pulsante dentro di sé; ho solo più in mente ciò che il suo e mio Padrone si attende da noi; devo solo lasciare spazio ai miei sensi di esprimere dentro di me tutto il desiderio che ho di lei. Fatto. Per magia mi ritrovo tranquillo, ho solo fretta di vederla. Quattro minuti oltre l’orario previsto: ha aspettato abbastanza.
L’INCONTRO
Eccola come richiesto a fianco dell’ingresso del centro commerciale, statuaria nel suo anche troppo elegante cappotto lungo, che ne esalta la figura slanciata, ma tenuto chiuso dalle braccia nervosamente tenute strette al busto. Evidentemente ha deciso che se oggi deve essere puttana, sarà di lusso. Però la sua attesa deve essere stata già abbastanza penosa, perché scatta in avanti appena vede l’auto, indirizzandomi uno sguardo e un mezzo sorriso molto ambigui, tra il fortemente imbarazzato e il malizioso. Tanti messaggi contrastanti, cioè molta tensione interiore, come è giusto.
Appena chiusa la portiera, ci si addossa contro, ancora più stringendo il suo cappotto con le braccia e rannicchiandosi tutta sul sedile, il più possibile lontano da me. Paura di me, delle mie mani? O piuttosto paura di sé e delle sue reazioni? Ce ne potrebbe essere motivo: quando nei giochi svolti fin qui insieme, il suo Padrone l’ha costretta ad accoppiarsi con me, presto o tardi è sempre esplosa in un piacere incontrollabile, animale. Cosa potrà succedere ora? Cosa ha davvero in testa la schiava Melissa in questa sua ora d’aria?
Volutamente la ignoro sul piano fisico o meglio la accarezzo solo da lontano con lo sguardo leggero di chi vuol mettere a suo agio, per ora, mentre entro nel traffico lento. Lei cerca di vincere l’imbarazzo con un torrente ininterrotto di parole qualsiasi, in cui però emerge l’ulteriore suo imbarazzo per una calza appena rotta arrivando all’appuntamento. Le faccio notare che questo è un particolare in perfetta sintonia con il suo ruolo di donna perduta e di malaffare. Mi risponde con uno sguardo d’odio e si allontana dei pochi millimetri che le rimangono, appiccicandosi al finestrino. Brutto affare essere puttana e non saperlo ammettere.
Le calze nuove nell’attesa le ha già comprate al centro commerciale, pigola piano dal suo cantuccio. Perfetto. Visto che la strada, sia pure molto frequentata, ha qualche piazzola a fianco dei pochi campi sopravvissuti, accosto in una di queste, al momento priva delle sue generose abitatrici abituali: apri, puoi cambiarti qui… Le avessi proposto di abbracciare il mio amico Demonio, non si sarebbe arrampicata e aggrappata con tanta ferocia al tettuccio.
IL VIAGGIO
Vabbé, rientro nel flusso e lei tranquillizzata si stacca dal tettuccio; ne approfitto per farle notare che tra effetto serra e climatizzatore acceso, abbiamo una temperatura interna di 40 gradi. Sorride con imbarazzo, ma apre finalmente il suo cappotto con malizia tutta femminile su un abitino adolescenziale a mezza coscia e con una scollatura che nasconde poco dei suoi seni: le loro punte sempre aguzze e sensibilissime attirano subito il mio sguardo, poi il dorso della mano. Rabbrividisce: bene! Si ritrae: male, per ora. Prova a ripetere che ha freddo, ingarbugliandosi sul fatto che il suo Padrone… ha preteso che… ma lei… Sbuffo per questa melina verbale fatta con mezze parole, ma intuisco e le metto la mano sul ginocchio, poi risalgo per un esame diretto e rapido.
Si ritrae ancora, però contemporaneamente con voce imbarazzata ma anche sensualissima (se sta recitando è davvero grande!) mi conferma il sospetto: ha dovuto rinunciare alle mutande per ordine superiore e questo le sta creando fastidiose correnti fredde nelle parti intime e molto più disagio di quanto previsto. Come mai però la mia mano è rimasta sul ginocchio, eppure la sua coscia, lentamente ma senza dubbio si sta aprendo verso di me? Se è un’azione incoscia, Melissa non lo sa ma potrebbe far arrapare anche uno psicanalista ottuagenario, con quell’incoscio lì. Se invece è intenzionale…
Per aiutarla nel suo percorso di analisi interiore a far emergere di più e meglio le sue vere intenzioni, stacco con finta indifferenza la mano in modo da lasciarla cuocere tranquilla nel suo brodo; guido tra chiacchiere vaghe sul nostro albergo. Non l’aiuta, anzi la fa tornare con la mente alla prova del fuoco che fra poco l’aspetta, davanti alla mia amica cassiera. Si agita, si tormenta le mani, tra discorsi spezzati. Al semaforo rosso mi volto deciso verso di lei e appoggio questa volta la sinistra sul suo ginocchio: è un attacco frontale ora, e quindi risalgo ancora lento sulla coscia, ma questa volta guardandola dritto negli occhi con lo sguardo più ipnotico e sensuale che trovo in quel momento. Credo di essere già bello carico, perché la sua mano oppone una momentanea difesa d’ufficio, poi arrivo trionfale a tuffarmi in un lago, solo tiepido per ora, ma già anche troppo abbondante per essere la figa di una schiava fredda e fedele. E’ già anche molto profumato e filante, come osservo subito dopo al tatto, all’olfatto e finalmente al gusto. Il tutto sotto lo sguardo perplesso del guidatore accanto a me; per tranquillizzarlo gli faccio un cenno d’assenso, per dirgli che ha capito proprio bene, ma si scompone ancora di più, come se non avesse mai assistito all’addestramento di una schiava!
Verde. Di nuovo la stessa rotonda per invertire la marcia; la professionista all’angolo oggi non c’è; però c’è Melissa, con cui posso togliermi ancora di più e meglio qualsiasi desiderio. Allora la mia mano risale di nuovo fino in fondo, fino all’attacco morbido della sua coscia; la moglie e schiava fedele prova a ritrarsi con uno scatto, ma ancora più piccolo e simbolico di prima; io invece provo ad aiutare la puttana dilettante Melissa a venire, sì, a venire allo scoperto, trasformando la mia carezza in una presa ferrea: con facilità maggiore del previsto constato che per lo meno la coscia è già venuta, schiudendosi di nuovo con grandi promesse verso di me accompagnata da un significativo gemito della sua proprietaria; sprofondo con due dita nella figa, senza nessuna difficoltà: anzi, un secondo e ben più intenso gemito sembra promettermi che il vero proprietario di tutto ciò e di tutta lei presto sarò e anzi sono già io, almeno per oggi.
Mi sembra una vittoria anche troppo facile… Volevo durante questo breve viaggio in auto far crescere rapidamente in Melissa l’eccitazione, ma vedo che ci ha già pensato da molto lei e il suo Padrone per lei… Oppure tutta questa spudorata foia già solo in auto nasconde l’inganno di chi vuole solo far eccitare me, illudermi e poi disingannarmi in modo cocente? Puttana dilettante, appassionata ed entusiasta, o puttana professionista, consumata e fredda attrice? Cosa starà passando in quella testolina biondo-rossa?
Il mio cazzo non si fa tutti ‘sti problemi, anzi ne crea non pochi a me nella guida. Ignoro i clacson dietro di me, sfilo la mano dal suo nido ora già piuttosto caldo per provare ad aprire una strada tra le pieghe del boxer alla mia prepotente erezione, poi riporto subito la stessa mano su Melissa, che non deve sentirsi sola neppure per un attimo, poverina; questa volta però, ancora umida, la infilo nella scollatura anch’essa piena di promesse. Dopo l’ostrica molle e profumata, voglio assaggiare la panna morbida del seno e, sopra, il croccante del capezzolo che da un po’ spinge quasi dolorosamente sulla poca stoffa che lo ricopre.
Melissa per un attimo accoglie con piacere, poi scatta all’indietro richiudendo le braccia sul petto ansante e rannicchiandosi di nuovo tutta sul sedile; forse è così che si gode come un riccio? Oppure è un soprassalto di pudore della moglie-schiava, che è qui solo per fare impazzire me, ma al solo scopo di dimostrare la propria totale vocazione al martirio e alla più stoica dedizione al suo Padrone? Ma allora se così fosse, quella di Melissa prima non era solo la recita perfetta di una sirena, ma il vero lato schizofrenico e perverso, l’Es sfrenato della Baccante che provava davvero a sopraffare il Super-Ego della moglie fedele e integerrima? che io sono in grado di far emergere solo con una mano, anzi con due dita!? Non male come soddisfazione personale, oppure se si preferisce come umiliazione per le dichiarate ambizioni iniziali di Melissa… Nei boxer il mio cazzo pulsa e sbuffa insofferente a tutte queste sofisticate contorsioni mentali, che lui chiama seghe… Ci arriviamo o no a questo letto?
Nell’auto accanto alla mia forse ho trovato il motivo del repentino e incongruo ritrarsi di Melissa, nella persona di un annoiato guidatore guardone, amico del precedente. Questo però è un ipocrita, perché distoglie di colpo lo sguardo appena mi volto verso di lui. Ma il Padrone di Melissa ed io stesso, in quanto suo strumento a distanza, pretendiamo giustamente molto di più da lei, che non può permettersi atteggiamenti ambigui o addirittura palesemente bugiardi. Questo è il suo percorso di crescita. Puttana per puttana , deve imparare ad indossare con orgoglio professionale il suo ruolo; deve imparare ad accettare interiormente prima e ad esibire con naturalezza poi la sua vocazione; o quantomeno imparare a far emergere con sincerità e immediatezza tutte le contraddizioni in cui si dibatte, anche le più vergognose e inconfessabili, per una moglie e per una schiava. Ammetterle e poi subito dopo viverle, con dolorosa accettazione se è il caso, o con slancio totale. Poi ci sarà la punizione e l’espiazione, poi il Padrone ci restituirà di nuovo con mano ferma al nostro ruolo. Ma per ora bisogna rispondere alla fiducia e alla libertà che il Padrone ci ha voluto donare oggi, qualsiasi siano state le sue motivazioni.
Con ogni evidenza io tifo e mi spendo al meglio perché vinca la Melissa più troia e trasgressiva. Banalmente e solo perché ho ricevuto ordini espliciti in tal senso? E’ certo che sto cercando di svolgere con dedizione totale il compito ricevuto da un Padrone a cui sono molto legato, ormai, però in effetti qui ci sto mettendo l’anima!
Solo per egoistico interesse personale? Beh, certo che tutti pensate questo di me e ne sareste convinti anche per voi stessi, maschi e femmine, se poteste vedere davvero Melissa in azione: molto, molto difficile resisterle, e io non ho nessuna intenzione di opporle la benché minima resistenza. Nei boxer qualcuno finalmente annuisce vigorosamente con un profondo fremito. Anzi, abituato a dividere con lei la comune schiavitù e a godere di lei e con lei solo negli ambiti e con i tempi ovviamente indicati dal nostro Padrone, posso dire che da ieri sto vivendo momenti di vera e propria esaltazione, progressiva man mano che ci avviciniamo al clou: sono sempre schiavo, eppure posso su di lei tutto ciò che mi viene in mente: è una sensazione indescrivibile. Ma soprattutto so che una parte di lei non vuole altro che abbandonarsi del tutto a questo mio potere, anzi lo conferma e lo rafforza con gesti inequivocabili e molto seduttivi. E con una donna così questo è davvero indimenticabile.
Quindi obbedienza al Padrone, certo. Anche l’ovvio desiderio di godersi Melissa… Eppure c’è dell’altro. Ogni volta che da ieri ho inventato qualcosa perché Melissa si sentisse più troia, ogni volta che lei ha fatto oggi meglio emergere questo suo lato del carattere, io sono stato intimamente felice per questo. Sì, ma per lei, perché le sono profondamente amico e le voglio bene. Dividerò volentieri con lei qualsiasi pena ci aspetti stasera in conseguenza di tutto ciò, purché lei oggi si senta davvero libera di vivere fino in fondo le sue fantasie più segrete. Il fatto che io sia oggi un elemento importante, ci si creda o no, è un elemento accessorio. Esaltante, ma accessorio. Gioirò altrettanto per lei anche quando non ci sarò.
Mi sento talmente vicino a lei e talmente desideroso di aiutarla nel suo percorso, che penso che se ci fosse una prossima volta, potrei proporre al Padrone di farla scendere dall’auto ed affiancarla per un po’ a quella professionista; così, giusto dieci minuti per due chiacchiere e per calarsi un po’ nel clima e nella parte della puttana da strada… Ma l’albergo è lì, ora arriva il bello!
INGRESSO IN ALBERGO
Ora Melissa tace, mentre parcheggio davanti all’ingresso, che coincide anche con il piazzale del distributore. E’ nervosissima. Non l’aiuta lo sguardo attento, indagatore, del benzinaio, che evidentemente mi ha riconosciuto. Scendo e chiudo con molta calma, in modo che lei possa farsi ammirare nell’esercizio della sua professione, pardon passione, prima di aprirle la porta del nostro… ehm, paradiso. Ci sguscia dentro con fare irruente e furtivo, accentuando secondo me in modo ingenuo il fatto che lei oggi abbia proprio qualcosa da nascondere. Non è da lei, sempre così presente; evidentemente è proprio molto nervosa.
Figuriamoci ora che dobbiamo dichiararci! Ripassiamo davanti agli antipasti, sempre gli stessi direi: lei li guarda con preoccupato distacco, pensando probabilmente ai buffet dei suoi hotel di lusso. Oggi il calcioscommesse non c’è, ma in compenso il tavolino è occupato da due simpatiche pensionate con cagnolino, sfaccendate e curiosissime. Cominciano a puntare subito il mantello di sartoria di Melissa, che in un luogo simile ci fa un figurone: se si fosse vestita da puttana da strada qui sarebbe passata inosservata, ma così… Ora i loro sei occhi (anche il cane assume i difetti del suo padrone!) hanno apprezzato tutto il suo corpo slanciato ma un po’ rigido, per fermarsi poi sul viso, molto più irrigidito e con lo sguardo basso. Senza volerlo, Melissa sta recitando alla grande la sua parte di moglie fedifraga (la sua fede fa bella mostra di sé all’anulare) e di amante perduta alla ricerca di facili emozioni del sabato pomeriggio.
Sorriso slavo della cassiera, complice, da consumata maitresse, anche lei calata perfettamente nel suo ruolo. Sono qui per quella camera. Breve pausa, poi alzo il tono. Matrimoniale. Lei ammicca, io confermo con voce chiara: due orette, non molto di più. Melissa si è fermata due metri più indietro, ma la vampata di rossore che le ha incendiato il viso è arrivata fino a me. Mi volto verso le pensionate, che stanno parlottando tra loro, di sicuro per commentare in modo salace; il cane invece scodinzola all’indirizzo di Melissa: è un maschio, meticcio ma evidentemente di buon gusto.
Un documento? Eccolo. E la signora? Tesoro, vuole anche il tuo. Borsetta shakerata con frenesia, poi un braccio irrigidito. Attesa penosa mentre la cassiera compila il modulo. Firmo. Seconda firma, tremula. Melissa sicuramente ora pensa che sta già scontando duramente il suo folle progetto di libertà: uno schiavo qualsiasi invece dell’amante di sogno; un albergo che davvero qualsiasi non è invece del suo romantico paesaggio da cartolina; una maitresse e due pensionate con bastardino invece del maitre professionale e discretissimo. Il Padrone non potrà avere troppo da ridire fin qui, spero.
La cassiera chiude il modulo. Finalmente… chiavi! Dentro i boxer qualcuno esulta: alla buon’ora, un verbo azzeccato in questo sproloquio. Camera 202, capirai, neanche fosse l’Hilton a 10 piani. E’ al primo, e io so che la scala è lì dietro alla vetrata, comodissima per la fuga di Melissa, ma trovo molto più divertente e istruttivo, per lei, premere il tasto dell’ascensore posto giusto a fianco della cassa. L’edificio è alto quanto una scuola materna, ma l’aggeggio, anche lui calato nella parte, ci mette almeno quaranta secondi prima di schiudersi cigolando: tra gli istanti più penosi della vita di Melissa, che li trascorre fissando la pulsantiera, senza muovere un muscolo. Io passo tranquillo dal suo viso terreo agli sguardi del nostro pubblico. Il cagnetto sembra quasi intenerito, ma gli altri non perdonano, scrutano come in un saloon.
Appena può, Melissa piomba nella cabina, lunga e molto stretta, giù fino in fondo. La porta non si è ancora quasi chiusa, che lei già si abbandona contro di me, di schianto e con un unico, immenso sospiro. Realizzo ora che forse era in apnea da alcuni minuti, con i muscoli attanagliati da una crisi tetanica da botulino, perché solo così posso spiegarmi il trasporto totale con cui mi abbraccia. Forse ho sottovalutato la difficoltà della prova per lei? O forse lei non è così avanti nel suo processo di maturazione? La stringo e la accarezzo per aiutarla a rilassarsi, pensando che per fortuna non mi odia, oppure che in lei si è già creato il transfert tra carnefice, sia pure per procura, e vittima. Capisco che è solo tensione nervosa, ma intanto è splendido e mi godo a fondo questo suo lasciarsi andare completamente tra le mie braccia, quasi promessa di ciò che avverrà tra un attimo. Cazzo, era ora! – Taci, rozzo, abbi un po’ di rispetto. – Sììì, rispetto, per questa troia! Ma non vedi come si sta già sciogliendo, non senti come spinge contro di te, anzi di me, come cerca di capire se è il telefonino dentro la tua tasca, oppure se sono già bell’e pronto… Vai, e vedi di sbrigarti a sbatterla su ‘sto letto!
Atrio, buio. Melissa deve avere dentro di sé un dialogo almeno altrettanto concitato e inconfessabile, che cerca di coprire con la sua voce, tornata ad essere forte e torrentizia, anche se ancora un po’ tremula in questa oscurità.

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