LE FANTASIE DI MELISSA (Parte IV)

…E prosegue il racconto di Riccardo
IL NIDO DELLA PASSIONE PROIBITA
Armeggio un po’ con la serratura. Luce: troppa; ora mezza, perfetta. Il suo sguardo un po’ mesto all’intorno sul nostro romantico nido da quattro soldi. E’ in piedi a fianco del letto. Rigida per l’imbarazzo appena vissuto sotto in pubblico; oppure per ciò che deve avvenire ora qui nell’intimità; o piùprobabilmente perché spaventata per gli eccessi a cui lei è già interiormente pronta a lasciarsi andare. Le sfilo il cappotto, ma resta una marionetta inerte, con le braccia penzoloni, con gli occhi chiusi, forse per meglio sognare il suo hotel di lusso, oppure semplicemente per concentrarsi su di sé. L’abbraccio con dolcezza, poi la stringo a me forte, e allora Melissa si lascia andare, mi abbraccia anche lei. Stiamo un po’immobili, poi comincio con carezze avvolgenti dalle spalle alla curva profonda del dorso, poi stringo forte sui fianchi: lei comincia ad ondeggiare il bacino. Mi riempio le due mani delle sue chiappe sode e la blocco contro di me: lei comincia allora a ondeggiare con il busto, seguendo una sua musica interiore e sfregando contro il mio petto i suoi capezzoli quasi fuoriusciti dalla scollatura. Qualcuno fuoriesce dai boxer: all’erta sto.
Le sue mani cominciano carezze lievi, molto sensuali. Qui la faccenda sta prendendo una piega sbagliata, minimalista, da romantici amanti clandestini, non ci siamo. Attacco posteriore più diretto della mia mano attraverso la stoffa leggera di quel suo vestitino da collegiale osé, contemporaneo inserimento della mia coscia tra le sue: lei me la abbraccia tra le spire delle sue e comincia la danza rotante e ipnotica del suo piacere. Ci siamo, la schiava tutta dedizione e martirio ci ha già salutato, Melissa la porca sta cominciando davvero a venire, nella mia direzione e alla grande. La lascio lavorare tranquilla, mi lascio andare davvero per la prima volta in tutta questa faccenda e mi godo il momento per un po’; in fondo fin qui me lo sono abbastanza meritato.
LA PROVA-FINESTRA
Ora però bisogna trovare un salto di qualità importante, cominciare davvero alla grande la festa in onore di Melissa la trasgressiva. La accompagno verso il letto, lei fa per lasciarcisi andare: no, troppo banale; si prosegue di due passi, lei si lascia condurre un po’ sorpresa ma con sorprendente e affascinante docilità Le appoggio lentamente le due mani sull’infisso, a mezza altezza; inizio a tirare su lentamente la tapparella; mentre la luce del pomeriggio irrompe sulla scena lei comincia a capire, si irrigidisce un po’ mentre delicatamente le sposto le due mani più in basso sulla porta-finestra. Si volta e prova debolmente a dire qualcosa, ma da dietro le afferro con decisione i fianchi e con piglio di chi tratta e usa una cosa sua faccio sporgere con più arrogante provocazione il suo culo verso di me. Tace allora e fissa lo sguardo al di là delle leggere tendine: sulle sei corsie di caos urbano sotto di noi, sul suo romantico lago, di anidride e facce stravolte che al semaforo rosso guardano qua e là e all’insù verso di noi dai loro finestrini.
Tace da schiava obbediente, oppure è già fremito segreto ma incontrollabile per ciò che sto per farle fare? Buona la seconda; la prova ce l’ho quando con un gesto solo e secco dei due pollici rovescio all’insù la poca stoffa che difende le sue cosce e la sua… virtù: le chiappe serrate si lasciano andare non appena con una leggera spinta del piede le apro a compasso le gambe; le dita della mia mano destra entrano per la terza volta di oggi dentro di lei, ma questa volta senza bussare; mi accoglie l’antro della Sibilla ribollente di lava fusa. Zip secco della mia cerniera, impugno, accosto, sprofondo in lei con un solo colpo, sciacquio, schiaffetto contro le sue chiappe. La scenaè’ venuta bene, ma è meglio ripetere, e ripetere, e ripetere ancora… La mogliettina fedele reagisce con un gemito solo, roco e prolungato, china la testa tra le braccia rigide, sporge in fuori il culo morbido e in questo modo apre la sua figa per ricevere meglio e più in fondo il prossimo colpo. Tra un affondo e l’altro il suo sguardo ora fissa un punto indefinito all’orizzonte in mezzo al traffico che scorre sotto i suoi occhi.
Provo ad andare oltre, con la mano scosto la tendina, ma lei scatta in su tra una raffica di NO e sfilandosi dal mio cazzo riesce a riabbassare il tenue imene che la separa dalla città: torniamo ad essere per tutti due ombre cinesi alla finestra di un anonimo albergo ad ore, ma allora dobbiamo almeno dare a tutti spettacolo per il nostro ritmo. Una pacca, e lei ubbidiente si rimette in posizione, anche più oscena per farsi perdonare; torno dentro brutale, mi risponde con un soffio che non sembra poi proprio di rifiuto; la afferro per la vita e comincio una sarabanda di colpi in crescendo, fino ad arrivare ad un ritmo forsennato. Melissa all’inizio tentenna, poi capisce, risponde, inizia a venirmi ancora più incontro, si offre, se la gode davvero! Mi fermo di colpo. Perché a quel ritmo non resisterei a lungo. Ma soprattutto perché lei deve sentirsi un po’ frustrata, desiderarlo, chiedere, guadagnarselo con tutte le sue virtù, che sono tante, raffinate e che mi voglio proprio godere. Però per ora possiamo archiviare con successo la prova-finestra: la timida massaia, appena messa in trasparenza, si è rivelata una gran porca, di classe purissima. Il mio compito di farla godere per tutto il pomeriggio, nonostante le sue remore e resistenze, non mi sembra davvero un’impresa così disperata.
RHYTHM AND BLUES
Sento il bisogno di riposare un po’: mi butto sul letto dietro di me, ancora vestito a parte la patta, da vero buzzurro, lasciandola lì in piedi e un po’ interdetta. Fammi divertire, spogliati come si deve. Due soli bottoni e subito il chiarore delle sue tette illumina la penombra; si gira sul fianco, sgancia, fa scivolare, un calcetto elegante e le linee nette delle sue calze nere portano il mio sguardo sulla sua figa perfettamente depilata. Aprila. Esegue, oscena, poi si gira per farmi ammirare le sue rotondità. Sa che mi piacciono molto, mi vuole tentare. Ora scivola come una gatta in calore sul letto, la lascio fare perché desidero anch’io di nuovo il contatto, ma morbido ora. Infatti struscia, le sue tette si appoggiano e risalgono le mie gambe, intanto le mani mi circondano e danzano su di me, scivolano dappertutto alla ricerca dei varchi per giungere alla mia pelle. Una lo trova, arriva subito su un capezzolo e comincia a stordirlo con tocchi raffinati. Pochi altri gesti delle sue mani e mi ritrovo seminudo, con le sue dita tornate sul primo bottoncino e la punta della sua lingua sul secondo. Gemo, non posso nasconderlo che mi piace da morire, la incito e lei raddoppia energia e sensualità. Resto abbandonato e immobile a godermi tutto ciò, mentre lei riesce anche a spogliarmi di tutto il resto senza smettere un attimo di ammaliarmi con i suoi tocchi d’artista del piacere.
Poi si stacca un attimo, in ginocchio sul letto, per ammirare con evidente golosità il risultato svettante di tanta sua dedizione. Ne approfitta anche per farsi ammirare, per farmi ammirare quanto lei è capace sia di esprimermi il suo desiderio sfrenato di cazzo, sia di illudermi che lei desideri davvero solo il mio. Non importa, in questo momento per lo meno sembra proprio così e me lo dimostra subito: si inarca un po’ in avanti, perché io possa vedere meglio la fessura della sua pesca liscia e succosa mentre mi scavalca con una gamba, poi si abbassa lenta, appoggia la cappella alle sue grandi labbra e, sempre con lo stesso ritmo lento e vorace, se lo fa scivolare fino alla radice. Intanto mi calamita lo sguardo sui suoi occhi diventati magnificamente torbidi, sulle sue guance incavate impegnate anch’esse a risucchiare un altro cazzo immaginario. Ora è lei a dettare il ritmo, che diventa sinuoso, circolare, avvolgente, un arabesco di carezze pubiche in cui mi perdo, sprofondo, mi abbandono.
Attento Riccardo, ecco il suo gioco, volontario o no che sia: piegarmi, stordirmi, ridurmi in pochi minuti ad uno straccio, dimostrarmi che è lei a guidare la danza e ad avere il controllo della situazione. Cerco di reagire cercando energie molto, molto lontane. Prima interrompo ogni tanto la sua danza ipnotica con qualche affondo improvviso, che le strappa qualche gemito di piacere inatteso e disorienta un po’ la sua presunta lucidità. Poi improvvisamente la rovescio sul dorso, le divarico le gambe al massimo perché voglio anche godermi con la vista ciò che succede e comincio una seconda fase di furiosa cavalcata di Melissa la Walchiria, che le strappa il primo orgasmo certo e dichiarato della giornata. Qualche difficoltà in più per me a contenere il mio di orgasmo rispetto al precedente episodio della prova-finestra, ma per ora vado alla grande.
Brevissima pausa per alzarle le gambe e appoggiarle sulle mie spalle: so che è una posizione che ama molto perché se lo può godere proprio tutto e fino in fondo; breve rincorsa lenta, poi di nuovo a rotta di collo; mi sembra ricominci il suo orgasmo, allora rallento, riprendo ritmo, rallento ancora, finchè non mi sembra che lei abbia inserito la funzione orgasmo continuo, che non so bene come funzioni, ma che deve essere una figata pazzesca, a vedere l’espressione di sofferta beatitudine sul suo viso: da adesso è capace di andare avanti così per tempi incredibili, con una sinusoide del piacere a noi maschietti negata. Elevo il mio lamento dedicato all’invidia della vagina, poi spremo tutte le mie energie con entusiasmo perché vedo che tutto ciò per lo meno ha dei risultati assolutamente positivi sulle fasi alte della suddetta sinusoide, finché mi devo sfilare elegantemente prima che tutto ciò abbia dei risultati anche più spettacolari sul mio orgasmo, che, ricordo bene, mi è vigorosamente precluso.
So che però lei apprezza molto quando io parlo a lungo, molto a lungo con la sua figa, perciò senza soluzione di continuità scivolo tra le sue cosce, annuso prima, assaggio un attimo e poi sprofondo la mia lingua in lei, ripassando con cura tutti gli esercizi del mio repertorio in proposito, che anche questa volta viene assai gradito, visto che la sinusoide del suo piacere accorcia di molto il tempo e alza il livello delle sue fasi. Mi fermo solo quando è lei, dopo un bel po’, a chiedere una pausa. Dovevo farla godere, più volte e a lungo: mi pare che la missione sia compiuta già alla fine del primo tempo.
INTERVALLO, SI FA PER DIRE
Mi ricordo della richiesta del nostro Padrone di provare a documentare con qualche foto, nonostante la sua totale sfiducia nelle mie capacità in proposito. Eseguo qualche scatto a Melissa in varie pose che però mi convincono poco perché troppo statiche rispetto alla sensualità esplosiva dei nostri corpi in azione poco fa. Provo allora a introdurre la novità di un regalo che ho portato a Melissa: si tratta di un fallo giapponese supertecnologico, ricoperto da centinaia di lunghe vibrisse di plastica molto mobili. che mostra in trasparenza tutta la sua inquietante struttura elettronica destinata a far ruotare in modo buffo tutta la testa del dildo, mentre un suo specifico terminale per il clitoride, a comando, può mettersi a vibrare in modo progressivo fino a giungere a ritmi parossistici. Qualche minuto di prova per imparare a coordinare i due comandi, che subito Melissa, curiosa e ingorda, vuole subito collaudare l’aggeggio che ai suoi occhi non sembra avere ora proprio nulla di buffo o di inquietante, ma è solo un nuovo e giocoso strumento di piacere. Chiede e ottiene che sia io ad introdurlo e iniziare ad avviarlo, ma poi ben presto le sue mani mi sostituiscono, imprimendo affondi e ritmi di vibrazione che non mi sarei osato di provare. E’ stupendo anche solo vederla mentre si gode da sola, tanto che stacco a fatica gli occhi da lei per impugnare la macchina e per scattare qualche foto, mentre continuo a gustarmela in miniatura attraverso la finestra ottica.
SECONDO TEMPO
Riprende subito la sua eccitazione, come se fosse stata messa solo un attimo in stand-by, rinasce di nuovo in parallelo la mia; ci viene naturale sfilare il giochino già superato e riprendere il nostro gioco, o sfida?, esattamente là dove l’avevamo interrotta, cioè con la mia testa che torna a chinarsi tra le sue cosce, a lungo, molto a lungo, finchè la mia lingua è dolente e il suo piacere di nuovo pulsante e acuto. Mi vuole dare tregua, allora prende lei il comando e prende anche in bocca il mio giocattolo, esibendosi nel miglior pompino di una serie già discretamente lunga e di alto livello nel nostro passato. Non ha nessuna fretta ora, anzi si esibisce in un raffinatissimo repertorio che sembra fatto apposta per offrirmi tutto il piacere possibile, come se volesse ricambiare con gratitudine e dedizione totale. Ma ci mette un tale impegno che mi fa nascere il dubbio che sia persino disposta, contro ogni sua abitudine, a farmi venire nella sua bocca pur di recuperare il terreno perduto sul piano della sotterranea sfida tra noi: non può più cercare di vincere tornando dal suo Padrone virtuosa e fedele e con la mia testa, allora cerca almeno di trascinare anche me nel gorgo della sua perdizione lussuriosa.
Scopro però con sorpresa che questa giornata straordinaria ha prodotto in me la capacità per me inaudita di resistere senza tentennamenti: il desiderio di godere all’infinito di Melissa, unito alla temibile proibizione del mio Padrone sembrano avermi drogato; come tutte le droghe la dovrò pagare cara e presto, ma per ora è una sensazione esaltante: Melissa non mi avrà e io in cambio avrò ora e stasera ancora Melissa. La quale cambia strategia allora, e prova ad eccitarmi ancora di più con uno dei miei punti deboli, che offrono anche a lei il modo di godersela alla grande: si pone a cavalcioni su di me, risale lentamente verso il mio viso, ora mi sovrasta come un monumento vivente all’impudicizia e alla lussuria più sfrenata, sorride per il prossimo piacere di entrambi, poi si cala maestosa a cogliere l’omaggio della mia bocca già schiusa su tanta meraviglia. Ora ruota a destra, ora a sinistra, ora preme a lungo fino a togliermi il fiato, poi dà un filo d’aria ma solo quella profumatissima e rovente che il mio naso riesce a rubare tra le sue labbra, a piccoli respiri interrotti. Voglio morire così, ma prima voglio ancora assaggiare il frutto più proibito, amaro e raro, tra le sue chiappe. Reagisce male, pensando a presunti preparativi per una mia minacciosa intrusione prossima, poi capisce e accetta; ora si gode il mio umile, intimo e osceno omaggio alla sua sensualità, mentre ricambia facendo scivolare dietro di sé prima una poi entrambe le mani per artigliare un mio capezzolo, poi per impugnare e masturbare con violenza il mio cazzo sempre ferreo.
Se non può farmi venire, allora cerca almeno di goderselo ancora. Comanda lei ancora, si fa penetrare in un’altra delle sue posizioni preferite, stando sul fianco con la gamba alzata e appoggiata su me. I nostri visi sono vicini ora, mi avvicino ancora di più per imparare ogni particolare della splendida smorfia di piacere che le altera il sorriso quando sta godendo davvero e in modo così sfrenato. Mi avvicino ancora fino a sfiorarle le labbra e mi accorgo che finora non ci siamo mai baciati e non lo faremo per tutto il pomeriggio: non è giornata oggi di toni romantici e dolcezze, solo passione feroce e sfida. Non a caso lei tenta proprio ora l’affondo ultimo e decisivo, cercando di usare tutte le parole più perfide e i gesti più sensuali o più osceni per farmi capire bene fino in fondo cosa io mi stia perdendo a non godere per lei e con lei, fino in fondo, fino a perdermi. Già, il fatto è che io ricordo benissimo cosa mi perderò se non obbedisco all’imperativo categorico del Padrone, che fino a prova contraria conduce questo gioco pericoloso. E poi questa piccola sfida interna tra Melissa e me mi intriga e continua a permettermi di godermela ora e forse di proseguire molto presto, con la regia del Padrone. Tanti motivi per vincerla, per farla venire, ancora.
Sto sudando per lo sforzo, a goccioloni, ma riesco ancora ad impugnare il suo ginocchio, ad aprirla come un’ostrica e a farla gemere ancora, ancora, colpendola sempre più a fondo. Sembra esausta anche lei, ma voglio ancora godermi la sua prospettiva migliore. La ribalto,ciondola un po’, poi capisce e si adatta un’ultima volta alle mie e alle sue voglie, alla pecorina. Le chiedo di infilarlo lei, un gesto che amo alla follia perché mi dà il senso della sua voglia di cazzo, di quanto sia troia in questi momenti, a farsi scopare come una selvaggia in questo albergo ad ore dove siamo venuti solo per questo, per fare il porco e la trioia. Glielo dico, lei mi risponde inarcando di più la schiena perfetta in una lordosi esagerata, che ha il pregio di offrirmi una splendida visione delle sue chiappe schiuse, in una muta e estrema offerta della sua figa ormai rovente e infiammata: prendimi ancora, se ci riesci, prendimi ancora, sfondami ma fammi godere. Credo che abbiano sentito fino al piano di sotto gli schiaffi prepotenti miei contro il suo culo cui ho aggiunto anche quelli delle mani per buona misura, e il suo urlo prolungato di piacere, e quello simmetrico e opposto mio, con cui cercavo disperatamente ora di trattenere il mio.
SENSI DI COLPA
Mentre io sono crollato sfinito, lei come una gatta dalle sette vite si riprende in un batter d’occhio da questa maratona, guarda l’ora, esclama e torna ad essere la moglie premurosa che deve tornare subito a casa.
Poco da dire sul nostro rientro nella normalità: nessuna reazione particolare nel tornare nella hall, poiché ormai Melissa di sé ha dato e avuto ben altre conferme
di quanto sia una femmina perduta, senza che glielo debba insinuare la nostra maitresse o le due pensionate, che per di più, stanche di aspettarci con le loro curiosità, si sono dileguate. Auto, nebbia, chiacchiere normali tra due amici, cerchiamo di esorcizzare la netta sensazione che l’abbiamo fatta grossa e che perciò dovremo scontarla tutta, molto presto, uno più dell’altra. Melissa si invola sulla sua auto lasciata al centro commerciale, io comunico brevemente al Padrone con un sms, chiedendo istruzioni. Con pochissime parole vengo convocato per la sera a casa loro: è una capacità di sintesi molto minacciosa, direi. Mancano due ore, che passano molto lentamente.

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