Le Flapper Girls

E’ il termine usato nell’ America del proibizionismo per designare quelle signorine tanto determinate da non farsi scrupolo di usare la propria avvenenza per emergere nella società e raggiungere il successo anche a costo di stendere ogni sorta di ostacolo per poi passarci allegramente sopra a passo di danza ancheggiando sui loro vertiginosi tacchi a spillo.
Molti ricorderanno quelle disinibite protagoniste del film “Chicago”ambientato nei nightclub della città con la splendida Catherine Zeta-Jones; apparentemente travestita da Valentina di Crepax (come possibilità di “copiatura” ci potremmo stare comodamente perchè il film è del 2002) ma in realtà quel modello ha tutt’altra origine che non il nostro valente autore-disegnatore.
Infatti le effervescenti flappers appartengono a una tipologia di disinibita ragazza dominante nata negli anni ’20 a New York che si fa riconoscere attraverso una immagine caratterizzata dai capelli alla garçonne, (alla maschietta, ovvero a caschetto); caratteristico anche il seno appiattito, il punto-vita abbassato a livello dei fianchi, il bocchino allungato a dismisura dalle fumatrici a enfatizzare il loro audace fumare in pubblico.
Insomma le flappers ostentano una tipologia femminile diametralmente opposta a quella vittoriana, segnando così (in maniera assai più scanzonata delle suffragette e proprio per questo di maggior presa) l’origine di una vera e propria rivoluzione sociale. Infatti l’aspetto esteriore del corpo, meno paludato, più libero di muoversi nei balli, viene istintivamente percepito da tutti come simbolo della liberazione femminile specie perché le flappers amavano dare scandalo frequentando, durante il proibizionismo, locali clandestini, saloon, bar, tanto che il New York Times coniando già nel 1920 il termine nota che le flapper girls hanno alzato l’orlo delle gonne ben oltre qualsiasi limite di decenza.
Il termine “Flappes” deriva proprio dagli orli delle gonne che facevano svolazzare le perline decorative. (Contemporaneamente anche nel nigth di Chicago lo slogan era “acceleriamo il ritmo, accorciamo le gonne”)
Non c’è dubbio che il nuovo stile (propagandato da una apposita rivista femminile di moda dal titolo “Flappers”) stesse spazzando via dal mondo al ritmo del foxtrot ogni residuo del rigore vittoriano.
Il nuovo tipo femminile, nato per le strade di New York, farà presto ad attraversare l’oceano sulle note del jazz per imporsi in tutto il mondo vestita dell’immagine dell’attrice cinematografica Louise Brook. Due titoli significativi – “Una ragazza in ogni porto”, “Diario di una ragazza perduta” – saranno sufficienti a dare l’idea dei personaggi femminili cui è legata l’ iconica immagine di questa attrice assurta a fama assoluta soprattutto per il leggendario ruolo di Lulù nel film “Il vaso di Pandora” tratto dall’omonimo dramma del tedesco Frank Wedekind e diretto nel 1929 da uno dei massimi maestri del cinema il viennese Georg Wilhelm Pabst che, fra lo stupore generale, preferì l’attrice americana a Marlene Dietrich, destinata a diventare a sua volta un’ icona con “L’angelo azzurro”.
Ma tralasciamo per ora l’angelo azzurro, la mitica cabarettista (uscita dalla fantasia di Heinrich Mann fratello del più famoso Thomas) capace di umiliare facendo strisciare nel fango ai propri piedi un severo professore liceale e, con esso, l’intero ordine borghese guglielmino.
E tralasciamo pure la tragedia di Lulù divenuta una pietra miliare della cultura del XX secolo. Qui basterà ricordare che Lulù, gemella dell’angelo azzurro, è una giovane fioraia amorale, disponibile e determinata a farsi largo nel mondo del varietà nonchè capace, con la sua sensuale femminilità priva di scrupoli, di sospingere nel baratro della follia il desiderio di chiunque se ne innamori portando così alla rovina innumerevoli amanti nobili e ricchi, ivi compresa la contessa Geschwitz travolta da fatale attrazione lesbica.
Sulla immagine di Louise Brook – Lulù dall’inconfondibile taglio a caschetto, Crepax modellerà la tipologia psico-fisica della sua celeberrima “Valentina” (e così il classico caschetto alla maschietta delle flappers diventerà con Valentina emblema della contestazione del’68), una icona buona per tutte le ribellioni; del resto una analoga tipologia femminile passata in Europa verrà adottata per il suo carattere da Coco Chanel mentre, passata al filtro dell’esperienza futurista diventa il prototipo europeo di donna: decisa, volitiva indipendente, dominante, delineato nella sua stessa vita, arte e immagine, dalla celebre pittrice polacca Tamara Lempicka.
Tornando al campo più specificamente SM il termine flapper si trova talora (anche se non spesso) usato in relazione a ragazze non tanto dal temperamento sadomasochista, quanto più genericamente dalla condotta sessuale disinibita, trasgressiva. Quindi le flappers più che ragazze sadomasochiste sono aperte a diventarlo, sono aperte ad un rapporto con l’uomo o anche con la donna, sono interessate a provare l’esperienza, come è facile dedurre dalla caratterizzazione sessuale della stessa Valentina le cui avventure oniriche affollate di fantasmi politici, culturali, magici palesano un inconscio sollecitato da pulsioni emotive ed erotiche di svariata natura: feticiste esibizioniste, ninfomani, lesbiche, dominanti tanto quanto sottomesse.
Dalle flappers deriva una prerogativa caratteristica delle Mistress d’autore meno generica del puro e semplice spirito ribelle, vale a dire la compiaciuta, sfrontata, sprezzante sicurezza nell’esibire il proprio fascino e la propria Autorità.
La sicurezza di queste Dominatrici sicuramente affonda le sue radici nel frizzante, eccentrico, spudorato temperamento delle flappers che dopo l’oblativo carattere e i silenziosi sacrifici dell’angelo del focolare, dopo gli squillanti sacrifici della suffragetta rivoluzionaria, ha imparato ad essere egoista, egocentrica, narcisista, interessata al piacere sessuale senza preconcetti. Le flappers insomma hanno insegnato alle ragazze che con il sesso possono procreare il mondo ma col sesso possono anche dominarlo.
Una Dominatrice, se è davvero tale, non ha bisogno di nessuna catena per trattenere un servo, non ha bisogno di nessuna frusta per sottometterlo. Una vera Signora sa bene che per un sottomesso nessun dolore, nessun pericolo è maggiore che quello di scontentare la propria Dea. Ecco l’eredità che le flappers hanno lasciato alle vamp, alle femmes fatales: la sicurezza del proprio fascino fatale unito al piacere di abusarne nel modo più spudorato.
Tale carattere genericamente trasgressivo delle flappers è confermato oltre che da Valentina anche da due pubblicazioni che risalgono al periodo stesso della loro nascita (gli anni ’20), e che ricollegano le flappers alla sculacciata o più in generale alle emozioni di avventure roventi:
-“Smoldering Flames: Adventures and Emotions of a Flapper” di Clara Palmer Goetzinger. Chicago: Zuriel Publishing Co. 1928
-“Spanking Adventures of a Flapper” di Myna Carol, di cui non si conoscono indicazione editoriali ma la stampa risale al medesimo periodo.

A queste indicazioni bibliografiche – pur preziose per la loro ricercatezza – va aggiunto un saggio assai meno raro ma forse ancora più prezioso per l’ampiezza della sua esauriente documentazione intorno a Zelda Sayre Fitzgerald (che oltre ad essere stata la musa, nonché l’amante di un personaggio del calibro di Francis Scott Fitzgerald) fu capace di mostrare all’America nella sua stessa persona il prototipo delle flappers girls.
Si veda in proposito il saggio “Panegirico delle Flappers” ora nelle librerie a cura di Tiziana Lo Porto, illustrato da Daniele Marotta. Saggio arricchito da ampia documentazione anche iconografica ed un lunga intervista inedita a Zelda Fitzgerald proprio sulle Flappers.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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