Spunti dall’esperienza di Educatore Severo

Sono circa tre anni che, grazie alla cortesia di Fulvio Brumatti, BloGabbia ospita i miei articoli sulla correzione corporale Men2Men. A questo punto del mio percorso ritengo utile tirare qualche somma. Sin nel primo articolo spiegavo che la mia scelta di target corrispondeva a una specie di scommessa, cioè la corretta identificazione da parte mia di una nicchia di domanda potenziale cui non vedevo adeguata risposta né tra gli annunci Men2Men né tra quelli Spanking, specificando che la scelta non era motivata da ragioni di interesse sessuale, vista la mia natura etero. Tratteggiavo anche alcune “categorie tipiche” tra i rispondenti ai miei annunci. Rispetto ad allora, la mia esperienza pratica è più che raddoppiata e ad essa si è aggiunta un’interessante e stimolante corrispondenza epistolare (commenti e email private) tra me e il “lato della domanda”.
Oggi, con più di 40 allievi trattati e un numero di proposte ricevute che sfiora il migliaio, ho più elementi per circostanziare la mia esperienza e integrare i miei commenti di allora.

Disciplina domestica strictu sensu. Nel mondo degli annunci di Gabbia, il numero di coloro che cercano un servizio correzionale puro non è elevatissimo. Si tratta pur sempre di bei numeri, superiori alle mie aspettative iniziali, ma che conservano la qualità di fenomeno di nicchia. Del resto, la cosa è facilmente spiegabile: i miei allievi devono aver compiuto un percorso personale specifico, intimo, che li ha portati a diventare i primi severi giudici di sé stessi, tanto da percepire il bisogno di venire corretti come una priorità che fa premio su altri tipi di stimoli. Il generico schiavo, il servo sessuale o l’aspirante domestico desideroso di umiliazioni trovano vie di soddisfacimento più agevoli di quella che passa per il mio servizio, il cui accento è precipuamente punitivo. Direi quindi che se il bisogno di sottomissione è una componente significativa nel mondo Men2Men, il carattere correzionale della stessa è molto meno diffuso.
A latere e di conseguenza, continuo a osservare un gran numero di risposte completamente fuori contesto rispetto ai miei annunci, e ciò nonostante il mio punto di vista sia ormai noto. Chi mi contatta molto spesso si è già girato il film nella sua testa: mi scrive gente che chiede di essere crocifissa, o imprigionata con tanto di divisa da carcerato, o sodomizzata e abusata davanti a una platea di osservatori, o venduta a caro prezzo in qualche sordido locale. Mi domando quanto ciò non renda l’intero mondo degli annunci una specie di terno al lotto, o una Torre di Babele, visto che nessuno legge le istanze altrui, o non sa capirle. Credo che se ci fosse più “cultura bdsm” e non si tendesse a fare di ogni erba un fascio, molti capirebbero ex ante quanto è distante quel che vogliono loro da quanto propongo io, e si risparmierebbero di scrivermi.
Tra gli aspetti che in origine non avevo previsto, ce ne sono due di particolare rilievo. Il primo riguarda la richiesta di consulenze. Privatamente mi hanno scritto sia master desiderosi di confrontarsi su di un piano di parità, che aspiranti padroni alle prime armi, che schiavi di qualcun altro che volevano solo consigli o ispirazioni per i loro dom. In genere, rispondo con cortesia pari a quella usata nei miei confronti, ma faccio osservare che in questo campo aver bisogno di un suggeritore fuori scena è il primo passo verso il disastro: nessuno può (o dovrebbe) entrare in dinamiche che dipendono esclusivamente dagli attori coinvolti. In un caso mi ha scritto un’aspirante mistress, che ho anche incontrato di persona, disposta a seguire (e pagare!) un “corso di dominazione” che avrei dovuto tenere a suo beneficio. Persona gradevole e di buon livello culturale, credo abbia abbandonato il progetto per le difficoltà organizzative che la sua attività di mistress avrebbe comportato, soprattutto per i rischi connessi alla privacy.
L’altro aspetto imprevisto della mia attività consiste nella candidatura di allieve (femmine). Quest’evenienza, benché verificatasi raramente, mi ha colto completamente di sorpresa. Il servizio che offro è destinato ai maschi, non tanto per i contenuti tecnici quanto per il contesto relazionale che implica. Non avrei mai immaginato esistessero donne con un’organizzazione mentale che consenta loro di trarre soddisfazione da un incontro disciplinare con un perfetto sconosciuto. Attribuisco queste candidature non tanto alla mia capacità di poter rispondere esaustivamente alle istanze che le sottendono, quanto alla mancanza di proposte più adeguate della mia. I due casi che mi sono capitati non sono giunti a concretizzarsi in una sessione, perché ho lasciato perdere ben prima: le due signore mi sembravano decisamente confuse e intimamente fragili e sono certo che in realtà cercavano tutt’altro da quel che dichiaravano di volere.
Anche queste situazioni mi hanno fatto riflettere sulla difficoltà di incontro tra domanda e offerta, che si può interpretare anche come “il problema delle ragioni profonde”. Sono convinto che la gran parte dei frequentatori del mondo bdsm si limiti a navigare in superficie, dove invece il proprio interesse è radicato in pulsioni assai più profonde, articolate, a volte contraddittorie. Sono persuaso che le sessioni, le feste, i convegni e quant’altro rappresentino solo occasioni per sfiorare il bersaglio, non per centrarlo. Non perché non forniscano stimoli, ma perché questi vengono troppo spesso colti come risposte piene ed esaustive, cosa che palesemente non possono essere, mancando tutta la componente elaborativa dell’esperienza. Il bdsm “pubblico” è uno spunto, una traccia, come il menù del ristorante. Ma se nessuno si sazia leggendo un menù, sembra che molti credano che nell’esercizio – osservato o praticato – delle tecniche si possa trovare una risposta soddisfacente e definitiva al proprio modo di essere.

Sessioni multiple. I miei annunci sono rivolti a singoli, ma più di una volta sono stato incoraggiato a organizzare sessioni multiallievo o multieducatore (meglio: con miei potenziali assistenti). La cosa si è rivelata più complicata di quanto sembri. Ricordo con particolare fastidio un tizio molto insistente, che voleva a tutti i costi farmi da vice, e che mi scriveva ripetutamente, invocandomi questo favore di cui mi sarebbe stato per sempre grato. Quando finalmente sono riuscito a organizzare con un allievo una sessione “assistita”, a un’ora dall’appuntamento il sedicente assistente si reso irreperibile. Questi li chiamo “cazzari”, e purtroppo devo dire che il mondo bdsm ne è pieno fino all’orlo.

Sempre in merito alle sessioni “con pubblico”, mi sarei aspettato che prima o poi qualche dom mi avrebbe contattato per far punire il suo sub alla presenza del padrone. Ma la situazione non sembra essere granché nelle corde dei nostri amici dominatori. Le poche proposte in tal senso le ho ricevute dai sub, ma poi evidentemente i loro padroni/e si sono tirati indietro, ammesso che l’intraprendente sottomesso gliene avesse parlato. Fatto sta che l’unica situazione concreta che ho sperimentato sinora è stata quella di un allievo che mi riceveva in casa sua e faceva assistere la moglie alla sessione. Bizzarro, ma evidentemente possibile. Però forse anche logorante (per loro), tant’è che dopo tre sessioni hanno rinunciato a proseguire l’esperienza.

Distanze. Io abito a Roma, ricevo o visito a Roma. Dato che voglio intervistare de visu l’aspirante allievo prima della prima sessione operativa, Roma su Roma (e dintorni) mi sembra l’unica opzione percorribile. Nondimeno, ricevo numerose candidature da tutta Italia, isole comprese. Forse non a tutti è chiara la mia collocazione, ma molti che la conoscono affermano di venire spesso nella capitale, per i più svariati motivi. Io però sono alquanto restio ad accettare candidature “fuori porta”, perché perseguo nella mia idea che il rapporto educatore-allievo debba essere impostato sul concetto di continuità, anche se poi magari le cose in pratica non vanno sempre così. Non riesco a liberarmi dal sospetto che per gli “esterni” una visita al mio studio corrisponda a qualcosa tipo “week-end romano con distrazione”. Non mi sento un’attrazione turistica e, se devo diventarlo, pretendo di essere prima incluso nella Guida TCI.

Spirito emulativo. In questi tre anni mi sono accorto che in diverse sezioni degli annunci si sono moltiplicati i messaggi firmati da “educatori severi” o “severi educatori”: sembro aver fatto scuola, perlomeno nel nick. Questi annunci, che leggo con particolare divertimento, spesso mi strappano il sorriso di chi dietro il titolo ritrova le medesime proposte direttive e superficiali. Nel compiacermi per aver stimolato una tale pletora di imitatori, non posso non vedere ciò che – almeno all’apparenza – li distingue da me: l’attenzione per la psicologia dell’aspirante allievo.
Ma non vorrei apparire TROPPO presuntuoso: l’esperienza in Gabbia mi ha anche posto davanti ai miei tanti limiti, che all’inizio potevo solo intuire. Spesso rigetto proposte che trovo inadeguate nella forma, quando magari la sostanza e la buona volontà di chi mi contatta meriterebbero più fiducia. Attribuisco la mia fretta al fatto di leggere più o meno sempre le stesse cose, poste alla mia attenzione sempre alla stessa maniera. Invece, sul piano della conduzione delle sessioni, l’esperienza mi è stata utilissima per calibrare contenuti e modalità del mio agire. Solo una volta la situazione mi è sfuggita di mano: quando ho provocato un piccolo taglio sulle natiche di un corrigendo, con conseguente fuoriuscita di sangue e interruzione immediata – da parte mia – della sessione.

Giochiamo a nascondino. Ho notato che il numero di aspiranti allievi che “sparisce” durante lo scambio di email è aumentato. Non so come giudicare il fenomeno, se non ipotizzando che cominci a presentarsi l’evenienza di persone interessate solo a ricevere una qualunque risposta da parte mia, quasi a dimostrare che esisto veramente e non sono solo un parto della fantasia della Redazione. Per evitare perdite di tempo, ora chiedo subito la foto di “prova di buona volontà” da parte del potenziale allievo, rendendomi conto che è proprio in questa fase che molti si squagliano, adducendo i più vari e comici motivi (“non trovo un pennarello nero”, “non so usare l’autoscatto”, “mi vergogno”, “non voglio essere rintracciato”…). In proposito, devo purtroppo segnalare a mio discapito come esista una deleteria correlazione tra il possesso di un apparecchio fotografico da parte degli allievi e la probabilità che esso improvvisamente si rompa una volta che essi mi hanno contattato. Sembra incredibile, ma appena chiedo la foto…voilà!… ecco che spessissimo i delicati meccanismi elettronici degli allievi smettono improvvisamente di funzionare. Non c’è nulla da ridere: è una vera ecatombe tecnologica. Il fenomeno è allo studio degli scienziati, per approfondire l’effetto a distanza indotto dalla mia richiesta, ma qualcuno azzarda che io porti semplicemente sfiga.
A riguardo della rintracciabilità, mi sono accaduti 3-4 episodi di disattenzione da parte dell’aspirante allievo, che mi ha scritto dalla sua mail ufficiale, da cui si risaliva immediatamente a nome, cognome e indirizzo di lavoro. Ho dovuto rassicurarli di non avere la minima intenzione di rendere pubblica la loro svista, ma li ho anche redarguiti sui rischi che potrebbero correre con la loro “distrazione”, qualora incontrassero persone poco corrette. In uno di questi casi il poveretto era davvero terrorizzato, tanto da giungere a offrirmi del denaro per il mio silenzio. Spero non ci sia bisogno di sottolineare che di denaro non c’è stato bisogno.

Denaro. C’è qualcuno che, forse poco pratico del mondo degli annunci e comunque non informato sulla politica di Gabbia, mi ha chiesto “quanto costa farsi dominare da me”. La cosa da un lato mi fa ridere, dall’altra riflettere. Premesso che il mio servizio è gratuito (‘che altrimenti non scriverei su Gabbia, ma mi sarei fatto il mio bel sito web ProDom), mi sono posto seriamente di fronte all’ipotesi di un’attività semi-professionale. Credo sarei il primo ProDom in Italia. Mentirei, se dicessi che la prospettiva non ha risvolti che mi solleticano. Non per i soldi in sé, no: fortunatamente la mia vita professionale fa sì che non abbia bisogno di doppi lavori per mettere insieme il pranzo con la cena. L’aspetto stimolante sarebbe legato all’umiliazione ulteriore del corrigendo, obbligato a pagare per essere picchiato. Cornuto e mazziato, insomma – come si dice. Il grande MA, che mi fatto considerare l‘ipotesi solo su di un piano teorico, è che nella maggior parte dei casi farei la fine delle Prodomme, per le quali il confine della loro dominazione è segnato dalle preferenze dei clienti che, come tali, hanno il pieno diritto di essere soddisfatti o rimborsati. Che dominazione è, quando alla fine dei conti a dirigere la scena è il sub? Già mi vedo l’allievo pagante che mi intima “No, non voglio 30 colpi di bacchetta, ma 27 di scudiscio”. Quindi ho accantonato senza rimpianti la prospettiva di pagarmi le sigarette come Educatore Severo.

L’ultimo appunto lo voglio riservare ad un aspetto personale: la mia soddisfazione. Sono molto contento dell’esperienza che sto facendo, ma la ragione principale non è tecnica né legata al successo dell’iniziativa, bensì connessa alla possibilità di esprimere la mia personale visione del sm. Imposto e faccio le cose esattamente come voglio io, privilegiando gli aspetti psicologici, le motivazioni profonde, senza essere distratto da visioni che vanno bene per altri e che come tali rispetto, ma che a me non danno nulla. Sono attirato da un’impostazione correzionale-punitiva del sm, e quella riesco a sviluppare e sperimentare. Catene, gatti a nove code, segrete del castello, schiavi&schiave a me non hanno mai ispirato alcun tipo di interesse. Forse sono meno perverso di altri, o forse lo sono di più. Non importa, non è questo il punto. Il punto è che, proponendo la mia personale lettura del sm, vedo che a volte riesco a essere capito e seguito e che esistono altri con la stessa prospettiva, complementare alla mia. Che si può desiderare, di meglio?

 

 

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