8 MARZO

8 Marzo…festa della donna.
Non amo nessuna festa “comandata” da Dio o dagli uomini, quindi non festeggerò.
Per fortuna non ho bisogno dell’8 Marzo per poter uscire sola o con le amiche, e mi mettono tristezza quelle donne che invece hanno bisogno di questa data per poter “finalmente” uscire da sole.
Ma ugualmente non posso ignorare che questa ricorrenza è nata per un fatto preciso.
Chissà quante fra le persone che domani “festeggeranno” sanno il significato dell’8 Marzo?
Qualche notizia in fondo non fa male.
L’ 8 marzo, é stato individuato come data simbolo del riscatto femminile e della volontà della donna .
A New York l’8 Marzo del 1908, le operaie dell’industria tessile Cotton, scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare.
Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l’8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire, fu appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere che si trovavano all’interno morirono bruciate .
Dopo questo episodio la data di questo giorno fu proposta come giornata di lotta internazionale a favore delle donne , in ricordo del sacrificio di tante giovani donne.
Questa disgrazia , diede il via negli anni successivi a celebrazioni che i primi tempi erano circoscritte agli Stati Uniti e avevano come unico scopo il ricordo della orribile fine fatta dalle operaie morte nel rogo della fabbrica.
Con il passar degli anni e il diffondersi delle iniziative, che vedevano come protagoniste le rivendicazioni femminili in merito al lavoro e alla condizione sociale, la data dell’8 marzo assunse un’importanza mondiale, diventando, grazie alle associazioni femministe, il simbolo delle mortificazioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli, ma anche il punto di partenza per il proprio riscatto.
Nessun commento, nessuna analisi.
Ma qualcosa lascio in questa data.
Perchè molto è cambiato, ma non tutto
Per tutte “queste donne”.Franca Rame parla alle donne
Dal volume VIII, Commedie, 25 monologhi per una donna,
Lo stupro
FRANCA : Ancora oggi, proprio per l’imbecille mentalità corrente, una donna convince veramente di aver subito violenza
carnale contro la sua volontà, se ha la «fortuna» di presentarsi alle autorità competenti pestata e sanguinante,
se si presenta morta è meglio!
Un cadavere con segni di stupro e sevizie dà più garanzie.
Nell’ultima settimana sono arrivate al tribunale di Roma sette denunce di violenza carnale.
Studentesse aggredite mentre andavano a scuola, un’ammalata aggredita in ospedale, mogli separate sopraffatte dai mariti,
certi dei loro buoni diritti.
Ma il fatto più OSCENO è il rito terroristico a cui poliziotti, medici, giudici, avvocati di parte avversa
sottopongono una donna, vittima di stupro, quando questa si presenta nei luoghi competenti per chiedere giustizia,
con l’illusione di poterla ottenere.
Questa che vi leggo è LA TRASCRIZIONE DEL VERBALE lDI UN INTERROGATORIO DURANTE UN PROCESSO PER STUPRO,
è tutto un lurido e sghignazzante rito di dileggio.
MEDICO: Dica, signorina, o signora, durante l’aggressione lei ha provato solo disgusto o anche un certo piacere…
una inconscia soddisfazione?
POLIZIOTTO: Non s’è sentita lusingata che tanti uomini, quattro mi pare, tutti insieme, la desiderassero tanto,
con così dura passione?
GIUDICE: E rimasta sempre passiva o ad un certo punto ha partecipato?
MEDICO: Si è sentita eccitata? Coinvolta?
AVVOCATO DIFENSORE DEGLI STUPRATORI: Si è sentita umida?
GIUDICE: Non ha pensato che i suoi gemiti, dovuti certo alla sofferenza, potessero essere fraintesi
come espressioni di godimento?
POLIZIOTTO: Lei ha goduto?
MEDICO : Ha raggiunto l’orgasmo?
AVVOCATO: Se sì, quante volte?
Il brano che ora reciterò è stato ricavato da una testimonianza apparsa sul Quotidiano Donna,
testimonianza che vi riporto testualmente.
FRANCA C’è una radio che suona… ma solo dopo un po’ la sento.
Solo dopo un po’ mi rendo conto che c’è qualcuno che canta.
Sì, è una radio. Musica leggera: cielo stelle cuore amore…amore…
Ho un ginocchio, uno solo, piantato nella schiena… come se chi mi sta dietro tenesse l’altro appoggiato per terra…
con le mani tiene le mie, forte, girandomele all’incontrario.
La sinistra in particolare.
Non so perché, mi ritrovo a pensare che forse è mancino.
Non sto capendo niente di quello che mi sta capitando.
Ho lo sgomento addosso di chi sta per perdere il cervello, la voce… la parola.
Prendo coscienza delle cose, con incredibile lentezza…
Dio che confusione!
Come sono salita su questo camioncino? Ho alzato le gambe io, una dopo l’altra dietro la loro spinta
o mi hanno caricata loro, sollevandomi dI peso?
Non lo so.
È il cuore, che mi sbatte così forte contro le costole, ad impedirmi di ragionare… è il male alla mano sinistra,
che sta diventando davvero insopportabile.
Perché me la storcono tanto?
lo non tento nessun movimento,
Sono come congelata.
Ora, quello che mi sta dietro non tiene più il suo ginocchio , contro la mia schiena… s’è seduto comodo… e mi tiene tra le
sue gambe… fortemente… dal di dietro… come si faceva anni fa, quando si toglievano le tonsille ai bambini. ‘
L’immagine che mi viene in mente è quella.
Perché mi stringono tanto?
lo non mi muovo, non urlo, sono
senza voce.
Non capisco cosa mi stia capitando.
La radio canta, neanche tanto forte.
Perché la musica? Perché l’abbassano?
Forse è perchè non urlo.
Oltre a quello che mi tiene, ce ne sono altri tre.
Li guardo: non c’è molta luce… né gran spazio… forse è per questo che mi tengono semidistesa.
Li sento calmi. Sicurissimi. Che fanno? Si stanno accendendo una sigaretta.
Fumano? Adesso? Perché mi tengono così e fumano?
Sta per succedere qualche cosa, lo sento… Respiro a fondo…due, tre volte. No, non mi snebbio… Ho solo paura…
Ora uno mi si avvicina, un altro si accuccia alla mia destra, l’altro a sinistra. Vedo il rosso delle sigarette.
Stanno aspirando profondamente.
Sono vicinissimi.
Sì, sta per succedere qualche cosa… lo sento.
Quello che mi tiene da dietro, tende tutti i muscoli… li sento intorno al mio corpo. Non ha aumentato la stretta, ha solo
teso i muscoli, come ad essere pronto a tenermi più ferma. il primo che si era mosso, mi si mette tra le gambe…
in ginocchio… divaricandomele.
È un movimento preciso, che pare concordato con quello che mi tiene da dietro, perché subito i suoi piedi si mettono
sopra ai miei a bloccarmi.
lo ho su i pantaloni. Perché mi aprono le gambe con su i pantaloni? Mi sento peggio che se fossi nuda!
Da questa sensazione mi distrae un qualche cosa che subito
non individuo… un calore, prima tenue e poi più forte, fino a diventare insopportabile, sul seno sinistro.
Una punta di bruciore.
Le sigarette… sopra al golf fino ad arrivare alla pelle.
Mi scopro a pensare cosa dovrebbe fare una persona in queste condizioni.
Io non riesco a fare niente, né a parlare né a
piangere… Mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualche cosa di orribile.
Quello accucciato alla mia destra accende le sigarette, fa due tiri e poi le passa a quello che mi sta tra le gambe.
Si consumano presto.
li puzzo della lana bruciata deve disturbare i quattro: con una lametta mi tagliano il golf, davanti, per il lungo…
mi tagliano anche il reggiseno… mi tagliano anche la pelle in superficie.
Nella perizia medica misureranno ventun centimetri.
Quello che mi sta tra le gambe, in ginocchio, mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature…
Ora… mi aprono la cerniera dei pantaloni e tutti si danno da fare per spogliarmi: una scarpa sola, una gamba sola.
Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena.
Ora quello che mi sta tra le gambe mi entra dentro.
Mi viene da vomitare.
Devo stare calma, calma.
«Muoviti, puttana. Fammi godere».
lo mi concentro sulle parole delle canzoni; il cuore mi si sta spaccando, non voglio uscire dalla confusione che ho.
Non voglio capire. Non capisco nessuna parola… non conosco nessuna lingua. Altra sigaretta.
«Muoviti puttana. Fammi godere».
Sono di pietra.
Ora è il turno del secondo… i suoi colpi sono ancora più decisi. Sento un gran male.
«Muoviti puttana. Fammi godere».
La lametta che è servita per tagliarmi il golf mi passa più volte sulla faccia. Non sento se mi taglia o no.
«Muoviti puttana. Fammi godere».
li sangue mi cola dalle guance alle orecchie.
È il turno del terzo. E orribile sentirti godere dentro, delle
bestie schifose.
«Sto morendo, riesco a dire, sono ammalata di cuore».
Ci credono, non ci credono, si litigano.
«Facciamola scendere. No… sÌ…». Vola un ceffone tra di loro.
Mi schiacciano una sigaretta sul collo, qui, tanto da spegnerla.
Ecco, lì, credo di essere finalmente svenuta.
Poi sento che mi muovono. Quello che mi teneva da dietro mi riveste con movimenti precisi.
Mi riveste lui, io servo a poco.
Si lamenta come un bambino perché è l’unico che non abbia fatto l’amore… pardon…l’unico,
che non si sia aperto i pantaloni, ma sento la sua fretta, la sua paura.
Non sa come metterla col golf tagliato, mi infila i due lembi nei pantaloni.
Il camioncino si ferma per il tempo di farmi scendere… e se ne va.
Io tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti.
E quasi scuro. Dove sono? Al parco.
Mi sento male… nel senso che mi sento svenire… non solo per il dolore fisico in tutto il corpo,
ma per lo schifo… per l’umiliazione… per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello…
per lo sperma che mi sento uscire.
Appoggio la testa a un albero… mi fanno male anche i capelli… me li tiravano per tenermi ferma la testa.
Mi passo la mano sulla faccia… è sporca di sangue.
Alzo il collo della giacca.
Cammino… cammino non so per quanto tempo.
Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura.
Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo.
Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora…
Sento le loro domande.
Vedo le loro facce… i loro mezzi sorrisi…
Penso.e ci ripenso…
Poi mi decido…
Torno a casa… torno a casa…
Li denuncerò domani.
Buio

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