Claudia (prima parte) by Spyke – RACCONTI dei LETTORI

Me ne sarei dovuto accorgere immediatamente, subito, alle prime avvisaglie; quando la prima sera che uscimmo (per così dire) Claudia era già disposta a farsi portare a letto, e diceva “…guarda che se vuoi solo divertirti, per me va benissimo, anche solo per un po’, non ho problemi…” in quella occasione avevo preferito soprassedere.
L’avrei dovuto capire quando la prima volta che andai a casa sua ospite per pranzo, in qualità di ragazzo ufficiale, con la madre, la sorella e il rispettivo ragazzo, mentre gli altri, che dopo un lauto pasto rimanevano in giardino a risistemare il gran casino lasciato, noi ci eravamo denudati e lei, mi si era messa a pecora quasi supplicandomi di prenderla così, in quel modo che di solito si sperimenta dopo almeno un mese di relazione stabile.
L’avrei dovuto capire quando mi fece il primo pompino, succhiandomi il cazzo come nessun altra aveva mai fatto prima, per poi giurarmi che per lei era la prima volta; e dire che ero stato io adinsistere per avere quel servizietto in tempo brevi, perché come tutti gli uomini, o almeno credo sia così, lo trovavo estremamente gratificante.
L’avrei dovuto capire quando mi permise di lavarla come fosse una cosa mia, una cavalla da strigliare e mi diceva di trovare la cosa estremamente piacevole.
L’avrei dovuto capire quando mi chiedeva di potermi guardare mentre facevo pipi nel minuscolo bagno di casa sua.
L’avrei dovuto capire quando mi parlava delle sue storie precedenti, di come le aveva vissute in qualità di amante consapevole già dall’età di 16 anni, di convivente alquanto sottomessa a 24 e di scopata estremamente facile ora che ne aveva 27.
L’avrei dovuto capire quando entrammo per la prima volta nel magazzino del padre e ammirando tutte quelle travi, quegli scaffali alti fino al soffitto, quel dedalo di corridoi bui, le avevo rivelato il desiderio di scoparla la, così com’era, contro il muro sudicio e magari anche legarla alla volta a testa in giù, completamente nuda per poi sculacciarla e lei non si era scomposta nemmeno un po’. Dissi in quell’occasione che scherzavo, che era stata una visione d’un secondo, ma lei parve non credermi e nemmeno io avevo creduto a quello che stavo dicendo. Poche settimane più in la mi fece addirittura prometterle che glielo avrei fatto veramente.
L’avrei dovuto capire quando volle che le mostrassi un vecchio film porno che avevo comprato tempo prima su un sito specializzato in cult video “Behind the green door”; l’avevamo guardato mentre la masturbavo e lei mi supplicava di penetrarla.
L’avrei dovuto capire quando mi aveva confessato la sua fantasia più sfrenata; essere dapprima leccata e poi sodomizzata, altra cosa che ancora non aveva fatto, come non aveva ancora sperimentato l’essere legata al letto per i polsi, cosa che le feci senza che opponesse la minima resistenza; come non si sognò nemmeno di protestare quando le chiesi di poterle anche legare i capezzoli con un spago sottile. Fu lei a portarmelo dal negozio di merceria di sua madre, dove lavorava e pregarmi di farle provare quel brivido. Se ricordo come si mordeva il labbro mentre tiravo la cordicella legata a quelle parti così sensibili…ma come ho fatto a non accorgermene.
L’avrei dovuto capire quando mi raccontò della commessa russa del negozio di bomboniere accanto al suo, che con la scusa di regalarle un vasetto di marmellata di amarene fatta in casa, si era spinta fin dietro il bancone, dove lo spazio mancava e le si era strusciata addosso, facendole sentire i capezzoli turgidi e l’alito sul collo. Me lo aveva detto mentre la scopavo e dietro mie insistenze, alla fine, durante l’orgasmo, mi aveva al fine confessato di sentirsi attratta anche dalle donne.
Insomma…sono proprio un imbranato, perché capii come stavano realmente le cose, mentre vedevo un sorriso di estremo piacere profilarsi sul suo viso un attimo prima di voltarla e completamente nuda, mettermela sulle ginocchia per sculacciarla; e ad ogni schiaffo squillante sul culo, ad ogni colpo di ciabatta che le si stampava sul sedere, più che emettere gridolini di dolore, erano strilli di autentico piacere che mi inondavano il cervello.
Era una viziosa, perversa, avida di cazzo, fica e cinghiate all’occorrenza. Disposta a sperimentare qualsiasi cosa, dalle corde, alla pubblica esibizione, ad essere usata in modi impensabili per lei fino a pochi mesi prima di conoscermi. Probabilmente tutto questo lo aveva sempre desiderato, voluto; chissà quante volte si era masturbata, pesandoci. Ma erano rimaste fantasie depravate nascoste nel più profondo del suo inconscio. Dovevo farle venire a galla, a qualsiasi costo.
L’immaginazione cominciò a correre rapida come il pensiero e da quel momento fu una cosa sola, cominciare a mostrale del tutto casualmente come desktop del mio portatile dove ora scrivo, una infinita serie d’immagini soft anime bondage, che sulle prime la intimidirono non poco, fino a spingerla a dirmi che la cosa non la stimolava affatto. Non ci volle che qualche giorno di normali coccole post sesso piatto per spingerla a chiedermi se “per caso avresti qualche cosa di … strano …da farmi vedere, tipo quelle cose dell’altra volta?”
A quel punto fui io a dovermi confessare con lei; a raccontarle le mie fantasie in materia di dominazione. Il desiderio di avere una schiava tutta per me, a cui insegnare tutto sui doveri di una servizievole sottomessa e devota femmina priva della libertà, fu per lei una scoperta nemmeno troppo sconvolgente. Allora le mostrai la mia collezione di video e immagini bondage e sadomaso, di torture più o meno reali su ragazze consenzienti, che lasciavano usare il proprio corpo in modi folli e perversi per il solo divertimento nonché godimento altrui. Divorò tutta la mai filmografia personale nel giro di pochi giorni; si trattava di migliaia di file e lei non ne tralasciò nemmeno uno.
Provammo per un po’; mi avrebbe servito fedelmente, o almeno avrebbe tentato, pensando a me come un padrone, non come il suo ragazzo e per far si che le cose funzionassero stabilimmo una serie di regole, di limiti. La sculacciavo ogni volta che non trovavo il suo appartamento perfettamente in ordine, fino anche a farle venire i lividi; mi aspettava vestita da cameriera, con solo indosso la crestina ed un gonnellino di pizzo bianco.
Mi presi la sua verginità anale mentre era legata a quattro zampe ad una sedia e dulcis in fundo, una domenica pomeriggio, mentre il resto della famigliola si trovava a Parigi, la appesi al soffitto del magazzino, a testa in giù, come le avevo promesso, divertendomi con lei come se fosse una specie di quarto di bue con cui giocare. La frustai, la feci urlare, ma tutto questo non funzionò nè per lei nè per me.
Volevamo altro, volevamo vedere dove potevamo realmente arrivare e questo non poteva accadere finché eravamo l’uno nelle mani dell’altra e viceversa. Per entrambi erano state solo fantasie, giochetti innocenti che erano sfociati in una sorta di piccolo teatrino. Non era sufficiente. Non potevamo accontentarci. Dovevamo capire cosa ci aspettavamo da tutto questo, ma avevamo troppa paura per scoprirlo. Avevamo bisogno di qualcuno che ci guidasse in questo nuovo mondo. Ci serviva un maestro. Anzi, una MAESTRA, una MISTRESS, una educatrice, una PADRONA una vera sadica senza limiti a cui donare il corpo di Claudia, perché io proprio non ci pensavo (e nemmeno ora ci penso) a diventare schiavo di chicchessia.
Perché una donna e non un uomo? Facile!!! Le donne sono spietate, intransigenti, inflessibili; e poi di uomo ero più che sufficiente io.
Trovammo un sito, www.gabbia.com. Non ci dovemmo nemmeno iscrivere o pagare alcunché. C’erano migliaia di annunci di tutti i generi. Schiavi, schiave, padroni, transex e PADRONE, vere MISTRESS dominanti. Mettemmo un annuncio che recitava più o meno così:
Un saluto sottomesso e devoto a tutte le MISTRESS della Gabbia
Giovane schiava, 28 anni, novizia ma non senza esperienza si offre a PADRONA decisa e dominante per relazione duratura possibilmente destinata ad un eventuale convivenza
Attualmente legata ad un uomo che è disposto a rimanere semplice osservatore e per nulla contrario ad una mia cessione a titolo definitivo attendo speranzosa ed in ginocchio le Vs offerte
Umilmente saluto prostrandomi
claudia
Non funzionò; arrivarono centinaia di offerte, ma per lo più erano ragazzini che si divertivano. Incontrammo un paio di queste sedicenti Mistress ma erano mercenarie, abitavano a distanze siderali o troppo vecchie e laide per poter fare al caso nostro; decidemmo allora di leggere gli annunci. Uno su tutti ci piacque. Una Padrona, di 22 anni, sicuramente giovane, ma che dall’inserzione sembrava esperta e sadica al punto giusto. Dopo un breve contatto via e-mail, subito la prima telefonata con un a amichevole scambio di convenevoli. Le cose come è normale cominciarono amichevolmente, dicendoci più o meno quello che ci aspettavamo gli uni dall’altra; poi, dopo aver acquistato una webcam il primo incontro su Messenger, il primo vero brivido, l’emozione dell’incontro quasi reale, il fascino del volto severo e inflessibile di Pamela, così si chiamava, quella ragazza sui venti/venticinque anni, rossa con i capelli ricci e lunghi fino alle spalle, la pelle chiara e pallida come uno straccio appena lavato e gli occhi azzurri. Poche regole stabilite precedentemente e in un paio di minuti Claudia era nuda davanti alla webcam, in ginocchio e le dava del Lei, chiamandola Mia Signora e Padrona a quell’essere fino a poco prima assolutamente sconosciuto a tutti, eseguendo ogni singolo ordine che le veniva imposto perentoriamente mentre io rimanevo in disparte ma assolutamente presente e senza mai essermi sentito vivo come mai prima di allora. Dapprima le fece solo domande di rito … come ti chiami veramente … quanti anni hai … a che età ti sei fatta sverginare e da chi … cose così; poi cominciarono ordini veri e propri. Quella sera stessa la costrinse a stare in piedi per due ore con la faccia contro il muro e le mani dietro la testa, ma niente di particolarmente impegnativo. Del sottoscritto non gliene importava un bel nulla.
Il giorno dopo cominciò col gioco pesante.
La fece masturbare davanti alla webcam, a cosce spalancate, come una vera vacca, insultandola come un essere inferiore e ridendo dei suoi orgasmi; la incitava dandole dell’incapace e Claudia gli dava dentro senza sosta, certo non era facile godere in quella maniera.
Alla fine di quella serata cominciarono le restrizioni; Claudia non poteva portare mutandine nè reggiseno durante il giorno a meno che non fosse mestruata, doveva chiedere il permesso per le cose più disparate come andare in bagno anche se per questa incombenza bastava un sms, cosa come e quando mangiare, come vestirsi, se fare o meno sesso con me e naturalmente masturbarsi. Ho un ricordo vivido della prima volta che Claudia le chiese gentilmente:
“Buonasera Signora … potrei avere il permesso di farmi scopare dal mio ragazzo?”
“Perché? … hai voglia di farti sbattere?”
“Beh … si .. insomma … sono eccitata”
“Sentiamo … cosa ci vorresti fare?”
“Non so … penso normalissimo sesso classico … lui sopra di me …”
“… e magari vorresti fargli anche un bel pompino …”
“Se Lei me lo consente”
“… di sicuro non stasera … e non sognarti nemmeno di masturbarlo. Hai capito bene lurida cagna in calore?”
“Si Signora. Non lo farò … stia sicura … eseguirò i suoi ordini”
“… e non masturbarti nemmeno tu!!!”
“Si Signora”
“…e ricordati di non farti più mettere niente nel culo d’ora in poi”
“Si Signora”
“… quel buco mi appartiene e mi sono ripromessa di farlo completamente mio … mi ci voglio proprio divertire”
“Si Signora”
“… come presto mi apparterrai tu!!!
“Si Signora”
“…e di te ne farò ciò che più mi aggrada”
“Si Signora”
Lei ne era completamente succube, ancora prima d’incontrarla. Almeno un paio di volte ci tolse il divertimento serale, dato che glielo chiedeva come se fosse una sua esplicita necessità, mentre quando le diceva “può scoparmi il mio ragazzo?” come se fosse una cosa che lei subiva passivamente, allora non ci faceva problemi; un’altra notte Claudia dovette passarla sul tappetino accanto al letto ed un’altra ancora se ne andò a dormire senza cena ed in ultimo Claudia dovette compiacere Pamela, avendo il suo primo rapporto lesbico con la commessa russa che le si strusciava addosso, con l’ordine perentorio di non raccontarmi niente di questo appening, anche se me lo immaginavo nei dettagli.
Ma tutto questo a tutti noi non bastava davvero.
Nemmeno una settimana dopo il nostro primo incontro virtuale avvenne quello reale; l’intera famiglia di Claudia se ne era andata fuori per il weekend e non avevamo perso tempo organizzando una cena in onore di Pamela.
Eravamo sovraeccitati. Cominciammo a organizzare tutto dal giorno prima nei minimi particolari, dalla scelta delle posate a quella delle stoviglie, che comprammo il sabato mattina in un costoso negozio a Via Boccea; la tovaglia era quella preferita dalla mamma di Claudia che mai avrebbe pensato sarebbe servita per un simile ospite, mentre per brindare scegliemmo una costosa bottiglia di Cannonau di Sardegna, se ben ricordo 35€ e dei calici di cristallo mai utilizzati che sempre la mamma ci aveva prestato. Claudia aveva passato l’intero pomeriggio a rassettare la casa che era un vero specchio; nel bagno ci si sarebbe potuto anche mangiare tanto lo aveva lustrato. Perfino le sbavature sui muri erano state rimosse con un po’ di stucco e vernice.
A me non era stata data alcuna disposizione particolare anche perché non ero il centro dei pensieri di quella ragazza viziosa e sadica; ero un semplice spettatore, ma Claudia non poteva osare sgarrare nemmeno di un pelino.
Doveva rasarsi accuratamente le cosce, le ascelle e il buco del culo; non doveva truccarsi, nè profumarsi. Non poteva portare scarpe, ma solo ciabatte infradito, il più possibile rovinate; indosso doveva avere solo un vecchio abito liso e fuori moda, abbottonato sul davanti, meglio se a fiori marroni e non troppo scollato. Inutile sottolineare che non le era consentito portare alcunché di intimo.
Alle 19.30 già ci guardavamo negli occhi da più di 45 minuti e Pamela non sarebbe dovuta arrivare che alle 20.00; nessuno dei due osava proferire parola. Io avevo i sudori freddi; per me era l’inizio di quello che nel più profondo avevo sempre desiderato. Poter disporre di una ragazza giovane e graziosa come Claudia da offrire in pasto ad una mistress per godere con gli occhi di tutto quello che una donna può fare col corpo di un’altra donna a se sottomessa. Ma potevo essere mai sicuro che anche per lei fosse così? Forse cercava solo di compiacermi? Il dubbio era troppo forte e dovetti esternarglielo:
“Sei sicura di questa cosa?” lei mi rivolse uno sguardo a metà tra la sfida e la rassegnazione.
“Sicura … non so se questo è il termine giusto … quello che so è che devo scoprire fine a dove posso spingermi … fino a dove sono disposta a farmi condurre”
“Devi? C’è una bella differenza tra dovere e volere”
“In questo caso non credo proprio”
“E cosa credi?”
“Non credo … so di non avere più la possibilità di permettermi dubbi su me stessa e se questa cosa mi farà scoprire che razza di persona c’è in me … che ben venga tutto quello che entrerà da quella porta”
Non dissi più una parola, non volò un fiato fra noi due fino a quando non sentimmo l’ennesima macchina che passava, ma invece di proseguire rallentò fino a fermarsi. Poi il cellulare di Claudia squillò e lei vedendo il numero rispose con estrema deferenza, chiedendo poi a me di andare ad accogliere la Sua PADRONA.
(continua)

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