Claudine, ragazza dei nostri giorni, scrive a De Sade

Mi fa piacere pubblicare un contributo di Claudine di Ginevra che mostra di sentire così fortemente la persona di De Sade. Certamente quanto ho scritto qui sul Blog l’11 dicembre, ha dato una spinta a Claudine per uscire con questo scritto così originale indirizzato proprio a lui: il Marchese De Sade in persona.
Questa lettera parla unicamente del mio percorso personale e soggettivo di lettrice del Marchese De Sade tra fascino e repulsione. Io non sono una pro Sade nè una contro Sade. Parlo unicamente del mio vissuto di lettrice … e mi sento molto lontana da tutti questi dibattiti psico-esoterico-femminino-letterario che circondano la lettura di Sade. Ho soltanto voglia di dire: leggete Sade! E per leggerlo, staccatevi da tutto ciò che è stato scritto su di lui (come ho fatto io) leggetelo e sarete certamente attraversati da sentimenti ambivalenti, finirete a volte in un vicolo cieco, cadrete in un abisso, ma leggetelo e fatevi una idea vostra !
Caro Marchese,
vi leggo e non so cosa pensare!
Come molti altri vi ho letto la prima volta, durante la notte, alla luce di una candela.

Ritratto immaginario di De Sade fatto da
Man Ray (1938)

Quando a 20 anni ho aperto la prima pagina delle Vostre “120 Giornate di Sodomia” ero ben consapevole di aprire una porta proibita. Mi avevano già parlato di voi in termini scabrosi, eravate conosciuto come un ben noto libertino, un pornografo sulfureo, un perverso criminale.
Tutto questo mi aveva già attirato, perché sentivo in me, in quel momento, nel mio basso ventre, delle sensazioni difficilmente identificabili, delle cose non “troppo cattoliche”, ma non sapevo che sin dal limitare, sarei andata ad inalare tutto lo zolfo e tutta la puzza delle fiamme dell’inferno.
Il respiro spezzato, ho dato una scorsa a qualche pagina del Vostro libro e non l’ho più riaperto. L’ho nascosto in un angolo della mia biblioteca, dietro una pila di libri molto più abbordabili.
Non me ne volete, caro Marchese, ma è il disgusto che mi ha portato lontano da Voi.
Il disgusto di fronte a questo mostruoso volto dell’umanità che Voi evidenziate con il Vostro bisturi di piuma!
Voi sapete che noi abbiamo la spiacevole mania, nella nostra epoca, di identificare gli autori dal carattere e dai propositi dei suoi personaggi. Nella letteratura cosiddetta “erotica”, siamo tutti persuasi che l’autore non faccia che esprimere i suoi fantasmi più folli e segreti, attraverso i suoi personaggi e le loro azioni. Voi siete stato vittima di tale tipologia di lettura ed i secoli non hanno cambiato nulla.
Io ho ridotto, per difendere me stessa, le vostre opere ed i vostri pensieri ai vostri eroi libertini, eccessivi e crudeli.
Voi mi avete ben persuaso, attraverso i Vostri scritti, che non eravate che un essere immorale ed un apostolo del male. Ed allora vi ho dimenticato!
Un po’ più tardi, poiché voi abitate comunque il Pantheon degli autori cosiddetti “classici”e poiché bisogna leggervi all’Università per non essere considerati ignoranti, mi sono decisa a leggere “Justine o le Sfortune della Virtù”. Come confessarvi ancora, mio caro Marchese, le difficoltà che ho avuto nel leggervi? Oh! Vi scongiuro di perdonare la mia goffaggine! Dopo il Vostro inizio sui vizi e le virtù mi sono come perduta in un labirinto, eh, diamine, se mi sono annoiata! Com’è possibile? Come posso annoiarmi leggendo uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi? La risposta è molto semplice:o io non comprendo un bel niente di letteratura – cosa ben possibile – o tutto ciò che si dice di voi da tre secoli a questa parte non è che una grandissima menzogna.
Un fatto è certo: dopo l’inizio, io non capivo niente dei vostri scritti. Non riuscivo a lasciarmi trasportare. Non provavo quella sete di leggervi come provo per altri autori di cui ricorderò i nomi.
Dovevo fare uno sforzo, uno sforzo quasi crudele che mi affliggeva non poco perché sapevo che … avrei potuto amarvi. Quanto tempo mi ci è voluto per chinarmi quasi con tenerezza sui vostri scritti? Qualche anno. Ho avuto bisogno di percorre il mio cammino, di fornicare, un poco, tanto, di immergermi nell’Inferno delle Biblioteche per incontrarvi degli autori libertini più accessibili – Crebillon, Louvay de Couvray, Choderlos de Laclos, Andréa de Nerciat, La Morlière – fino al giorno in cui ho avuto tra le mie mani la Vostra corrispondenza.
L’avevo quasi dimenticato, Voi avete passato la Vostra vita in prigione e poi in un Ospizio! Ho letto le Vostre lettere a Madame de Sade e mi indigno sulla sorte che vi è stata riservata! Voi dite che “gli uomini lì sono trattati come bestie feroci” che “ la prigione vi fa girare il sangue e lo spirito” che vi si lascia “marcire nella sconcezza e nel putridume” e che vi subite una “esaltazione della crudeltà”. Voi dichiarate che “la prigione non mi si confà e non serve che a rendermi peggiore”, che non corregge, ma che “rovina il carattere, rincitrullisce lo spirito ed i soli sentimenti che si formano sono quelli della vendetta”.
Come non vedere in queste pagine l’umanità che c’è in Voi? Oh, come soffrite, caro Marchese, di questi eccessi di rigore e di questo “affare” (quello di Rose Keller) che vi ha sacrificato! Cosa possiamo rimproverarvi noi se non il Vostro impegno libellista contro il potere, se non che avete frequentato qualche prostituta ed abusato un po’della frusta – ma non è una pratica dell’epoca ? – se non le vostre dispute astiose e vendicative con vostra suocera, madame de Montreuil, che – non è forse vero? – si accaniva contro di voi? Voi avete descritto il disumano, il vizio, il mostruoso, ma alla fine il vostro obbiettivo non era forse, come avete spiegato a madame de Sade, quello di mostrare questi vari caratteri per “farli conoscere, guardarsene e detestarli? “
Come Madame de Sade, direi che è “un peccato non far conoscere i caratteri virtuosi e graziosi” e non “risplendere che per le cose troppo forti che rattristano, si ribellano e tolgono ogni facoltà di provare virtù”. Quando vi si legge e ci si imbatte in un passaggio affascinante, si pensa che “la vostra umanità metta del balsamo e quiete nel sangue e nelle idee. Si spera di essere infine abbandonati dagli orrori che si sono incontrati.” Ma no, il peggio continua. Non resta che lasciarsi trasportare, al colmo dello sbalordimento e dell’orrore, attraverso le Vostre pagine, dove scene di orge, di coiti e giochi libertini si contendono la Vostra filosofia e le Vostre dissertazioni sulla morale.
Ma avreste potuto fare altrimenti? Voi avete subito il peggio, voi lo fate subire anche a noi. Attraverso i vostri scritti voi riuscite a non farvi imprigionare, vi affrancate da ogni sistema politico abbia attraversato la vostra storia: l’Ancient Régime, il Terrore, il periodo napoleonico Più che un debosciato voi siete un contestatore. Voi difendete la vostra causa con veemenza e coraggio … e nello stesso modo ci esortate ad affrancare noi stessi.
Io capisco in questo modo che questa pornografia non è per Voi che un problema di scrittura.
La frusta dei Vostri personaggi non è che la Vostra penna che ci tortura. Voi lo sapete bene: leggerVi è una prova. Voi vi accanite sui vostri lettori come il carnefice dei vostri romanzi, che infierisce sulle sue vittime, sempre rianimate per continuare a subire eterni supplizi. Sì, Voi insanguinate il nostro spirito e la nostra anima. Voi non ci consentite di fantasticare, di sognare, di immaginare.
Noi siamo, d’emblé, sempre, in una dimensione dell’impossibile. Tutto è già lì: l’inimmaginabile!
Non possiamo scappare da noi stessi. Voi ci legate a voi nelle vostre cellule, nelle vostra ossessioni ripetute, trite e ritrite e là, con voi, ci obbligate a seguirVi nelle Vostre trasgressioni, questo godimento infinito fino alla morte.
Qual è questo godimento?
E’ quello di parlare di questo godimento, di questo piacere, la totalità della sua fantasticheria, il cui fine ultimo è la devastazione.
Attraverso l’esposizione dei corpi che godono all’interno di questo meccanismo delle più svariate depravazioni, Voi dimostrate che abbracciare, cancellare, penetrare è anche straziare e fare a pezzi un corpo. Ancora di più, Voi vi augurate di poter attentare alla Creazione. Voi volete il crimine definitivo.
Per fare questo eccovi con tutta una panoplia di strumenti di tortura. Eccoci nel mastio tenebroso della vostra immaginazione. Dove lo strumento è più terribile della tortura e risveglia i vigori sopiti dei libertini. Voi date l’impulso ad un freddo meccanismo e ne siete perfettamente cosciente.
Come non “fremere”.Come Bustine, dinnanzi alla “flagellante”, poi davanti ad altri strumenti, così perfezionati, sia gli uni che gli altri: questo “martinet armato di punte di ferro” o “delle cordicelle nodose con dodici braccia” e queste “verghe, martinetti, nerbi di bue, armi appuntite, legami di corda e di ferro, godemichés, preservativi, siringhe, aghi, pomate, essenze, tenaglie, pinze, ferule, forbici, manette, pistole, coppa di veleno, stimolanti di ogni tipo ed altri diversi strumenti di supplizio o di morte” “tutti i suoi strumenti” “tutto ciò che può servire alla più efferata depravazione”. Anche il sesso dei vostri debosciati sono “dei marchingegni, degli strumenti, delle armi” capaci di far godere o, nello stesso momento, di dare la morte!
Oh, caro Marchese, come non fremere davanti a questi drammi, i più insopportabili, che ci lasciano paralizzati per lo stupore ed il terrore?
Quanto ho amato riposarmi tra le righe delle Vostre lettere, scambiate con vostra cognata, Anna Prospère de Launay, canonichessa benedettina! Arrossisco d’altro canto per la curiosità provata nel leggere quelle lettere focose! Da incorreggibile fottuto quale siete, che idea quella di esserle stato infedele! Voi non avete forse voluto che la redenzione attraverso l’amore, non è vero?
E tuttavia è l’amore che Vi ha perduto … e Vi ha coperto il corpo di spine! Ma io so anche che queste cose dei vizi – ed il loro ricordo – sono state la consolazione necessaria al vostro lungo esilio in una galera e, credetemi, sono ancora la consolazione di coloro che oggi amano lasciar infiammare la loro immaginazione.
Caro Marchese, ormai dovrò leggere la Vostra opera completa. Vi leggerò in maniera completamente diversa questa volta. All’inizio Vi ho letto fuori da ogni contesto e nell’ignoranza della Vostra vita. A lungo mi sono tenuta lontana dalle Vostre opere, poi mi sono arrischiata. Mi sembra che questa esperienza sia il destino di tutti coloro che Vi leggono. Questa lettura non può essere lineare né serena. Si arriva ai Vostri scritti attraverso delle scappatoie, ci si scontra con degli ostacoli, si sprofonda in un abisso. Il nostro spirito è costantemente allontanato da se stesso e spinto nelle tenebre. Ma in effetti Voi riaccendete il fuoco di coloro che hanno e che vorranno – in futuro – scrivere in virtù (o per vizio?) della loro immaginazione, al di là dei diktat e del giogo della buona educazione. La Vostra tragica dismisura risveglia le fiamme della libertà.
Allora, caro Marchese, dopo tutte queste letture, Vi bacio e non Vi nascondo che sono veramente esausta. Ma poiché amo tutte queste cose, continuerò a “sfogare il mio piacere masturbandomi” – pensando a Voi di tanto in tanto – e venendo venti volte di seguito ogni volta che potrò!”

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