IL NOSTRO INCONTRO


Le ho semplicemente detto il nome della strada dove sarebbe dovuta andare .
Conosceva perfettamente quella strada,in fondo non lontana da casa sua. Probabilmente ci era passata miliardi di volte senza pensare che un giorno sarebbe stato il suo primo vero dungeon.
Ora conosceva il punto esatto dove sarebbe dovuta essere alle 10 in punto.
Le ho detto come vestirsi , e questo è stato l’unico aspetto che ho permesso discutesse con me. Volevo che fosse anche una sua scelta come offrirsi alla mia vista.
Tutto il resto era un copione che avrei scritto improvvisando.
Le avrei telefonato dicendo in quale direzione guardare aspettandomi.
Avrebbe dovuto guardare dal ponte sul quale doveva trovarsi , e guardare solo in avanti , sporgendosi in modo che la gonna che avevamo scelto (“insieme”) l’avrebbe resa vulnerabile agli sguardi di tutti ma preda solo di colui che l’avrebbe potuta prendere.
Non avrebbe potuto girarsi a nessun commento che non fosse stato il mio. A nessuno avrebbe potuto rispondere e per nessun motivo si sarebbe potuta girare.
Solo io avrei potuto interrompere l’incantesimo di quei momenti in cui per la prima volta viveva tutta la propria essenza semplicemente stando ferma , semplicemente “essendo”.
L’avrei liberata da tutto ciò che non era, e da tutto ciò che doveva fingere semplicemente salutandola avvicinandomi a lei ancora di spalle.
Non avrebbe dovuto incrociare il mio sguardo. Non lo avrebbe visto per tutta la giornata.
Sarei stato io a farla entrare in macchina dopo averla bendata.
E lei ad obbedire a qualsiasi mio ordine.
Era semplicemente il nostro sogno.
Master Aton

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